Qualche settimana fa mi è capitato di scambiare mail con un fotografo, fin da subito avevo usato la parola "posizionamento" purtroppo dando per scontato che appartenesse al suo vocabolario.
'Posizionamento' si utilizza in due mondi, uno è quello economico (per es. il posizionamento di un brand), l'altro - quello che interessa me - appartiene alla filosofia.
Volevo fargli capire che molte delle sue determinazioni, come l'essere bianco, scolarizzato, appartenente a un genere sessuale, a un ceto, eccetera sono cose su cui non riflette dandole per scontate, in realtà determinano il suo proprio modo di vedere la realtà , ovvero ciò che concretamente sceglie di fotografare.
Quindi non esiste soltanto il
punto di ripresa a determinare ciò che vediamo, ma prima ancora, agendo senza la nostra piena consapevolezza, c'è appunto il
posizionamento.
Ieri cercando notizie su un concetto recente della sociologia chiamato
femonazionalismo, ho scoperto questo video di una giovane ricercatrice e attivista Marie Moïse che spiega appunto che cosa si deve intendere per 'posizionamento', e perché è così importante riflettere sul proprio posizionamento, e quando si può prendere direttamente la parola e quando invece si può essere solo alleati di una categoria oppressa.
Argomento su cui ho dovuto riposizionarmi molte volte.
Penso che aiuti avere un ideale comune, che guardandolo e seguendolo ci aiuti ad essere più vicini e comprensivi delle reciproche difficoltà .
Ai miei tempi e penso anche ai tuoi Pacifico, si ragionava in termini di "umanità ", parola che credo racchiuda al meglio ogni singolo aspetto del convivere. In ogni modo la terminologia viene indirizzata su strade che vengono preimpostate da altri, a beneficio (?) della massa. Se soltanto il gruppo Bilderberg aderisse ai concetti dell'umanità , intesa come vicinanza al prossimo, il mondo sarebbe migliore... e chi vuol capire capisca.