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Dedicato a... ITALO

Aperto da Sardosono, Martedì, 21 Agosto 2018, 04:03:09

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Sardosono

Prima di passare alla dedica vera e propria, ritengo indispensabile la seguente premessa.

Molti fotografi (anche di lunga data ma che non praticano questo genere) confondono il "ritratto" propriamente detto con le immagini di "people", ossia di persone in generale, ma questo è del tutto improprio: nel secondo caso (people), infatti, le persone sono semplicemente fotografate, ossia "presentate" per come appaiono in quel momento; nel primo caso (ritratto), invece, il fotografo cerca di "rappresentare il soggetto" per come LUI lo vede. Questa differenza può sembrare solo un modo di dire e proprio qui nasce la difficoltà: fintanto che non ci sarà chiara la differenza tra "PRESENTARE" e "RAPPRESENTARE", difficilmente otterremo dei buoni ritratti, se non affidandoci al caso.

Ma non basta. A sua volta il ritratto si suddivide in due grandi tronconi, che Franco Fontana definisce molto appropriatamente in "ritratto dell'apparire" e "ritratto dell'essere". In entrambi i casi è sempre il fotografo che "filtra il soggetto" (quindi non si tratta comunque di "people"), ma nel ritrarre "l'apparire" oppure "l'essere" egli cerca di rappresentare rispettivamente "l'esteriorità" o "l'interiorità" del soggetto, e questa è una differenza fotograficamente sostanziale. Ovviamente - meglio ripeterlo - si tratta pur sempre di una visione soggettiva del fotografo stesso, quindi nulla più di una sua personale opinione (a meno che il fotografo non sia anche lo psicologo del soggetto, nel qual caso ci ritroveremmo in una imbarazzante situazione alla Woody Allen!)

Fatta questa premessa (che ci servirà e sarà richiamata anche in altre dediche), possiamo finalmente entrare nel vivo del topic.

(continua)
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

SDQ+SD15+SD10 18-35/1.8+50/1.4+17-70/2.8-4OS+17-35/2.8-4+Elmarit135/2.8
GX7+GX1+GH1 20/1.7+25/1.4+45/1.8+60/2.8+70/2.8+20-40/2.8+Vario-Elmarit-14-50/2.8
X-T10 35/1.4+50/1.2+28/2.8+Sonnar90/2.8+135/2.5+16-50/3.5-5.6OS+70-200/4Macro
LX100  GXR+evf 50/2.5Macro+28/2.5  S3Pro  Digilux-2

Sardosono

DEDICA

Caro Italo,

inizialmente stavo pensando di cercare nel mio archivio immagini da Foveon che fossero inappuntabili rispetto al tuo palato raffinato ed esigente in termini di qualità del dettaglio. Ma poi mi son detto che in questo modo me la sarei cavata troppo comodamente e ho cambiato idea. Cercherò invece qualcosa in parte simile a quanto ho fatto con Rino e in parte diametralmente opposto: in parte simile, in quanto ti chiederò di osservare e valutare le immagini dal MIO intento fotografico, che è ben differente dal tuo; e in parte diametralmente opposto, in quanto si tratta di un genere che, per tua stessa ammissione, non rientra proprio nei tuoi interessi (come neanche rientra negli interessi della maggior parte dei fotoamatori): il ritratto di persone sconosciute!

Una volta mi hai detto, più o meno testualmente: "Ma perché mai dovrebbe importarmi di fotografare uno sconosciuto?!..." Beh, certo, questa è una posizione condivisa da molti e messa in questi termini esclude il genere "people" dai propri interessi fotografici. Ma nel "ritratto" le cose stanno un po' diversamente.

In realtà, se riflettiamo sul concetto stesso di "ritratto", ci rendiamo conto che l'espressione "ritrarre una persona sconosciuta" è una contraddizione in termini. Infatti, per poter parlare di ritratto è necessario che il fotografo abbia una propria visione e opinione non del tutto superficiale del soggetto, cosa che richiede inevitabilmente un minimo di conoscenza dello stesso. Sviscerare tutte le riflessioni che possono scaturire da questa considerazione ci porterebbe troppo lontano, e neppure mi interessa (e penso neanche a te). L'unica cosa che mi preme evidenziare è questa: riuscire a comporre un ritratto di una persona che fino a quel momento era del tutto sconosciuta, significa che nel mentre almeno un minimo di conoscenza l'abbiamo necessariamente raggiunta e con essa anche un minimo di opinione ce la siamo fatta; pertanto, DOPO il ritratto non potremo più considerare questa persona come una "perfetta sconosciuta"! Altrimenti quello che abbiamo ottenuto non è un ritratto ma solo una "illustrazione" di quella persona (insomma, nella migliore delle ipotesi, una semplice immagine di "people").

E siamo così giunti finalmente al punto. Ti voglio dedicare a tal proposito una serie di immagini (che inserirò nei due post successivi) e insieme ad esse la storia che c'è dietro e che adesso vado a raccontarti.

Attraversando una piazza non molto distante da dove abito, sotto un lungo gazebo con tante panchine, ho visto seduti su una di queste due ragazzi, all'apparenza sulla ventina d'anni, molto sereni e rilassati, uno dei quali suonava una specie di ukulele, la qual cosa ha attirato la mia attenzione; ho poi scoperto su di loro varie cose interessanti. Per esempio, che parlavano un ottimo italiano, molto colto, che non si sente più tanto spesso e che non ci si aspetta da giovani poco più che ventenni. Ed ancor meno te lo aspetti da stranieri! Eh già, perché il loro accento diceva chiaramente che non erano italiani: erano infatti studenti che frequentavano l'università di Cagliari. Era anche evidente che non provenivano dallo stesso paese (altrimenti avrebbero parlato tra loro nella loro lingua e non in italiano); scoprii poi, infatti, che si erano conosciuti in facoltà ed erano diventati subito amici. E neppure questo è scontato, perché i due giovani avevano un aspetto medio-orientale (infatti provenivano entrambi proprio dalla mezza-luna) ed il semplice fatto che non condividessero la stessa lingua rende assai probabile che non condividessero tante altre cose. Infatti uno (quello di sinistra che suonava lo strumento) era cristiano maronita (quindi proveniente dal Libano), mentre l'altro era mussulmano (quindi probabilmente era giordano piuttosto che palestinese, ma proprio non mi ricordo più).

Ovviamente tutte queste cose me le hanno dette solo dopo aver fatto conoscenza, ma quando chiesi loro se potevo scattare qualche foto, sul momento credo proprio che mi presero per un pazzo pericoloso, o almeno ne ebbero il timore. E questo non è un modo di dire, ne ho le prove "fotografiche" che tra poco lo confermeranno. Infatti, per fortuna ho cominciato fin da subito a scattare mentre si parlava, così come si faceva un tempo per far abituare prima possibile il soggetto (o i soggetti in questo caso) alla presenza dell'obiettivo; e ciò mi ha permesso di DOCUMENTARE in modo evidente - secondo me - tutte le CINQUE FASI delle reazioni emotive che si succedono in queste situazioni, alla fine delle quali si è potuta concretizzare l'opportunità dello scatto buono. Sia ben chiaro che non so nulla di psicologia, ma quel poco che ritengo di sapere è che tolta la prima le altre quattro ci si presentano praticamente sempre quando procediamo a ritrarre una persona estranea, e le dobbiamo superare tutte se vogliamo arrivare ad un ritratto finale degno di questo nome.

Sì, Italo, ho evidenziato DOCUMENTARE in maiuscolo, perché penso di essere riuscito proprio in questo: registrare nelle immagini delle reazioni emotive comportamentali. Certo, è una "documentazione" ben diversa da quella che ricerchi tu, ma pur sempre di documentazione si tratta (per favore, prendila per buona ed evita di tirarmi quei pochi capelli che mi sono rimasti!)

Con la pellicola spesso si faceva soltanto "finta" di eseguire questi scatti preliminari (considerati fotograficamente inutili), usando inizialmente una fotocamera scarica, oppure sganciando temporaneamente il trascinamento della pellicola, in modo da "sprecare" un solo fotogramma. Se avessi fatto una cosa del genere, non solo avrei perso irrimediabilmente almeno quei primi quattro scatti, ma probabilmente avrei anche faticato per ottenere il quinto, perché il momento buono si è presentato all'improvviso.

Inizialmente non mi sono preoccupato della MaF perché ero più impegnato a dialogare coi ragazzi. Solo negli ultimi due scatti ho corretto il tiro, ma disponendo di una direzione di ripresa obbligata con una profondità di campo molto limitata (avendo montato il Samyang 50/1.2) che non mi consentiva di avere a fuoco entrambi i volti, ho optato per una MaF intermedia tra i due senza privilegiarne nessuno e questa si è rivelata la scelta giusta.

Ma questo non mi bastava e avrei voluto anche un ritratto singolo di entrambi; tuttavia non ho voluto esagerare e mi sono accontentato di uno solo dei due, quello che suonava. Mi ci sono voluti quattro tentativi per trovare il giusto punto di ripresa, per un totale di ben tredici scatti; ma alla fine, proprio l'ultimo è stato quello buono.

Purtroppo, ho poi perso il foglio sul quale avevo preso gli appunti con i nomi di questi ragazzi ed i loro indirizzi email (e probabilmente anche il numero di telefono) e non ho più avuto modo di sentirli e dubito che mai li incontrerò di nuovo, perché penso che ormai si siano laureati da un pezzo (essendo passati due anni e mezzo ho dimenticato la gran parte dei particolari, ma mi sembra di ricordare che fossero già  vicini alla fine degli studi). Ricordo però che una volta messa via la fotocamera abbiamo fatto una piacevolissima e lunga chiacchierata.

Ecco, Italo, questo è un esempio del genere fotografico che più mi piace e del tipo di riprese che prediligo. Sia ben chiaro che questo esempio è comunque anomalo anche per me, perché è assai raro che io avvicini degli sconosciuti per chieder loro di fotografarli: diciamo che può capitarmi una volta all'anno e... beh, "semel in anno licet insanire!" Il più delle volte, anche quando incrocio una persona che cattura fotograficamente la mia attenzione, mi accontento - se faccio in tempo a tirar fuori la fotocamera! - di riprenderla così come appare e come posso in un singolo scatto, ossia in una immagine di "people".

Voglio anche dirti che i due ritratti finali (quello in coppia e quello singolo) non sono eccezionali, e in archivio ne ho certamente di migliori dal punto di vista fotografico. Ma questo è l'unico caso che mi sia mai capitato nel quale - per un colpo di fortuna - gli scatti abbiano anche registrato e documentato chiaramente tutte quelle fasi di reazione emotiva che occorre sempre superare per arrivare ad un vero ritratto (tolto magari il timore, che in genere è presente solo quando la persona non si sottopone spontaneamente ad essere ritratta).

Bene, credo di aver detto tutto e siamo giunti quindi alla fine. Spero che queste immagini tu riesca a "vederle dal mio punto di vista" e come tali tu possa apprezzarle. Ma qualora ciò non fosse, sono certo che apprezzerai almeno di avertele dedicate!

Un abbraccio

Antonello


(continua)
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

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GX7+GX1+GH1 20/1.7+25/1.4+45/1.8+60/2.8+70/2.8+20-40/2.8+Vario-Elmarit-14-50/2.8
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Sardosono

Fase Uno: TIMORE
Il ragazzo di sinistra sembra guardare l'amico quasi per chiedergli: "Ma questo che vuole?!..."
La MaF è quella che è (sulla scarpa), ma per il momento è del tutto irrilevante.





Fase Due: DIFFIDENZA
La differenza con la precedente è davvero minima, ma si nota un qualche cambiamento sia nel ragazzo di sinistra (che riprende a suonare) sia nello sguardo un po' meno assassino di quello di destra. Uno psicologo saprebbe certamente dire di più, ma io mi fermo qui.





Fase Tre: SCRUTINIO
Adesso la differenza è chiaramente visibile: lo sguardo assassino è scomparso e lo stato emotivo io lo traduco in un pensiero del tipo "Ma se questo non è un pazzo, allora chi è?!..." Anche il ragazzo di sinistra mi guarda finalmente dritto negli occhi. La curiosità sta prendendo il posto della diffidenza e mi stanno concedendo una chance.
L'unica cosa che è rimasta la stessa è la MaF, che è sempre sulla scarpa...





Fase Quattro: inizio del RILASSAMENTO e conseguente leggero IMBARAZZO
Accantonata l'ipotesi che io fossi scappato da qualche manicomio e che potessi essere pericoloso, le difese iniziano ad abbassarsi e comincia a prender forma un vero dialogo, che porta con sé un iniziale principio di imbarazzo.
Adesso posso e debbo concedermi il tempo di aggiustare la MaF (come ho spiegato in precedenza), perché tra non molto sarà possibile lo scatto.





Fase Cinque: ACCETTAZIONE con abbassamento definitivo delle difese
Adesso si può iniziare a fotografare davvero: la Maf è già a posto e... e il primo scatto è già quello buono!
Questo infatti non è più un semplice sorriso di circostanza o di imbarazzo, ma è un vero sorriso di piena accettazione da parte di entrambi, che fa seguito al dialogo che ormai è stato stabilito. Dopo questo scatto metto via la fotocamera e continuo la chiacchierata e basta.




(continua)
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

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Sardosono

Questi sono gli altri tredici scatti che presi per il ritratto singolo, l'ultimo dei quali è quello che ho scelto come risultato definitivo. Come ho già scritto, ho provato ben quattro punti di ripresa differenti prima di trovarne uno che mi soddisfacesse, e infatti - come si può vedere dai provini - da quest'ultimo punto ho preso ben sette scatti dei tredici complessivi e da questi sette è arrivato il risultato.




E questo è il ritratto definitivo.
La MaF è sulla mano destra, perché quando non posso farla sugli occhi la faccio sempre sulle mani.



FINE
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

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pacific palisades


Rino

Una bella introduzione ed una bella dedica al nostro Italo. Mi piace il racconto dei ragazzi e mi piace la foto finale (anche l'altra con il bordo sfumato, ce ne sono due) che forse avrei preferito in BN.

Questo post, togliendo il fatto che sia dedicato ad Italo, in realtà sarebbe perfetto per una vecchia serie di articoli (risale all'analogico) che iniziai su Nadir e si chiamava "Dietro la foto". Se ti facesse piacere, si potrebbe pensare di riportarla in vita.

conla

Citazione di: Sardosono il Martedì, 21 Agosto 2018, 04:03:09
il fotografo cerca di "rappresentare il soggetto" per come LUI lo vede.

bella la frase sopra ... pero' per fare un ritratto per "l'esteriorità" ok.... mentre per "l'interiorità" bisogna conoscere il soggetto e quindi averci parlato almeno un po' altrimenti come si fa  :con: giusto?
CRISigma :si:

EXCEL

Oltre alla bella dedica, è stato interessante leggere tutti gli eventi che si sono celati dietro a questi scatti, che per un timido patologico come me sono esperienze mai vissute in prima persona  :azz:
www.roberto-monachello.com
Sigma SD15 + Sigma 18-200 C

Lorenzo F.

Che spettacolo!  :)  hai documentato in modo ottimo.

Ma come diamine hai fatto ad intrattenerli mentre scattavi, io non riesco a controllare tecnica e conversazione, mi perdo se faccio entrambe le cose contemporaneamente, alla fine devo isolarmi ed attendere che la mia presenza risulti nebulosa, ma in tal modo deve trascorrere un buon lasso di tempo affinchè il soggetto superi il fastidio generato dall'avermi attorno e se è singolo, senza distrazioni oltre a me, il processo risulta impossibile, infatti cerco gruppi di persone da ritrarre singolarmente mentre conversano ed il momento perfetto giunge al termine di questi step quando tornano a conversare fra loro.
{[(1:1:1) + (1:1:4)] /3} > 33% = True
SX70-Sd10-SdQ-XH1 ed altre cosucce varie.

Non sapere chi siamo è grave. Non sapere cosa si voglia è rischioso. Non capire con chi si stia parlando può rivelarsi drammatico.
M.Villani

Sardosono

Citazione di: Lorenzo F.
Ma come diamine hai fatto ad intrattenerli mentre scattavi, ...
Questo è un classico equivoco: infatti, io non li stavo affatto "intrattenendo", ma stavo conversando normalmente con loro, intavolando la conversazione né più né meno come avrei fatto se non avessi avuto con me la fotocamera (perché penso proprio che mi sarei fermato ugualmente anche senza). Se invece la conversazione non è sentita e naturale, ma è soltanto un mero pretesto, allora ben difficilmente ci sarà un vero abbassamento delle difese e al posto di un ritratto otterremo solo una serie di "illustrazioni" (come abbiamo visto da poco in un altro topic).

Quindi semmai la domanda sarebbe da porre al rovescio e in questo modo:
come fai a pensare allo scatto e a scattare mentre conversi normalmente?!...
Infatti tu stesso poi scrivi:
Citazione di: Lorenzo F.
... io non riesco a controllare tecnica e conversazione, mi perdo se faccio entrambe le cose contemporaneamente...

Allora adesso ti chiedo: riesci a guidare l'automobile con attenzione e prudenza mentre stai conversando? La risposta penso che sia affermativa e ciò è dovuto al fatto che anche se l'insieme di operazioni coordinate necessarie per guidare un'auto è molto articolato e complesso, noi lo facciamo in quasi totale automatismo, senza dover pensare alla frizione, alle marce, al freno e neanche alle curve necessarie per seguire la strada. Il cervello coordina il tutto e rileva poi le situazioni che richiedono specifica attenzione (incrocio, ostacoli, rallentamenti, semaforo, casello, ecc.) e in tal caso ci fa ridurre temporaneamente il livello di attenzione della conversazione, fino a quando si può tornare al pieno automatismo.

Prendiamo, per esempio, la questione della MaF, cominciando dal ritratto doppio: non ho certo memoria specifica del momento in cui l'ho corretta, così come non ho certo memoria specifica di quando cambio le marce mentre guido. Ma il semplice fatto che essa venga rettificata proprio quando era divenuto opportuno farlo, non vedo a cos'altro attribuirlo se non agli automatismi di "guida fotografica". Analogamente nel ritratto singolo, non solo non ho ricordo specifico al riguardo, ma non credo proprio di aver neppure deciso espressamente di fare la MaF sulla mano sinistra, perché è una scelta naturale ed automatica (non vedo dove altro potrei pensare di farla quando gli occhi non si vedono ed il soggetto principale non è il viso ma la figura intera). Se invece avessi scelto qualcosa di inusuale per la MaF, allora probabilmente sì che me lo ricorderei e mi tornerebbe in mente osservando la foto.
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

SDQ+SD15+SD10 18-35/1.8+50/1.4+17-70/2.8-4OS+17-35/2.8-4+Elmarit135/2.8
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X-T10 35/1.4+50/1.2+28/2.8+Sonnar90/2.8+135/2.5+16-50/3.5-5.6OS+70-200/4Macro
LX100  GXR+evf 50/2.5Macro+28/2.5  S3Pro  Digilux-2

Italo

Citazione.... sono certo che apprezzerai almeno di avertele dedicate!
Non so... sono un personaggio schivo e di poche parole, ma riesco a parlare e a scrivere solo quando vedo l'occasione di aiutare qualcuno, ma non riesco a trovare un nesso tra la bella storia da te presentata ed il mio intento / gusto fotografico, che non ha una netta definizione ma che, anzi, può essere del tutto casuale.
Torno a ribadire che la fotografia è, per me, di interesse marginale e che mai ho sognato di diventare un fotografo né mi appassiona conoscere ed imitare chi viene considerato "grande fotografo", sia del presente che del passato.

Con la tua dedica mi vedo tirato in ballo al centro della pista, e questo mi imbarazza un po'!
Scusa Antonello, non me ne volere ma non me la sento di commentare le foto.  :-[

  • Italo
     
Sigma DP2m+SD10_17-70:2,8-4,5__Summicron 50:2__1800:6 autocostruito.
Mitsubishi 10x15-20x30 sublimation printers.

pacific palisades

Ma sì Italo, il nesso è "documentare"...  tu hai sempre sostenuto che le fotografie per te documentano, ti sei fatto fare anche un tatuaggio sull'avambraccio con scritto "documentare" in dialetto stretto riminese!!!  :))

Ora per favore inizieresti a firmare gli autografi? ah poi dovresti anche ballare il limbo, aspetta che portano un monopiede Manfrotto per fare da asticella...

Ginni

Bel post.
Bella dedica.
Interessantissimo lo spunto di mettere a fuoco sulle mani  quando non sono disponibili gli occhi. Di sicuro frutto dell'esperienza, nei manuali di fotografia non lo si troverebbe perché pochi concepiscono il ritratto come tu lo hai presentato.

Lorenzo F.

Nei manuali di fotografia (quelli recenti per il digitale) il ritratto è concepito quasi esclusivamente come una foto in posa, e vi sono solo accenni a cosa sia l'istantanea che per me è il vero ritratto!
Io ho sempre visto fotografi far mettere in posa (spesso anche in modo innaturale) il soggetto, guidandolo sulla base della propria visione mentale condizionata o meno che fosse dal soggetto stesso che volevano o dovevan ritrarre, difatti quasi sempre quando chiedo a qualcuno se posso fargli qualche foto, la prima frase del soggetto (verbale o corporea è uguale) è ....come devo mettermi? In che posa?.... a dimostrazione del fatto che negli anni questo è diventato l'atteggiamento anche di chi viene ritratto ...evvoto qua la mia posa migliore!
Da ciò credevo che questo atteggiamento (del fotografo) fosse l'approccio naturale ed anche l'unico possibile per fare ritrattistica e personalmente non mi era mai piaciuto, da lì l'idea di isolarmi dalla scena ed attendere il momento propizio....
Ora scopro, riflettendoci è pure banale, che di approccio ne esiste un altro ed è quello che ha usato Antonello, che probabilmente era pure una delle prime cose che si imparavano in passato "andando a bottega".
Si è aperto uno spiraglio di sole nella mia buia ignoranza.


scusate il quasi off-topic e gli errori da smartphone
{[(1:1:1) + (1:1:4)] /3} > 33% = True
SX70-Sd10-SdQ-XH1 ed altre cosucce varie.

Non sapere chi siamo è grave. Non sapere cosa si voglia è rischioso. Non capire con chi si stia parlando può rivelarsi drammatico.
M.Villani

pacific palisades

Quello di Antonello mi pare un approccio alla "Dondero", cioè non ha senso la fotografia, in particolar modo il ritratto, se non c'è relazione umana. Tanti ritrattisti affermati fanno il contrario, mettono la relazione umana al servizio della fotografia, si nota dai particolari, per esempio Bruce Gilden che prima di scattare ingiunge: don't smile. Perché una persona non dovrebbe esprimere gioia ridendo, forse non corrisponde allo stereotipo accettato dalle gallerie?