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Mare d'inverno, luce fredda.

Aperto da andrea948, Venerdì, 04 Gennaio 2019, 10:25:16

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andrea948

Quindi...? Interpretazione personale? O riproduzione esatta dell’immagine al momento dello scatto a prescindere dalla percezione personale del momento?
  • Andrea
     

pacific palisades

Citazione di: andrea948 il Sabato, 05 Gennaio 2019, 17:09:42
Quindi...? Interpretazione personale? O riproduzione esatta dell’immagine al momento dello scatto a prescindere dalla percezione personale del momento?

L'interpretazione può avere anche una dimensione condivisa. Non so, le radiografie per esempio sono oggetto di una lettura interpretativa in cui tra l'altro possono essere indicate delle ambiguità, ma queste interpretazioni avvengono secondo protocolli condivisi fra i medici, cioè stanno in un ambito sociale. Faccio l'esempio delle radiografie, perché è più facile per capire che ogni immagine deve essere "letta"; per una fotografia "comune" la lettura opera a un livello talmente veloce e inconsapevole da sembrare inesistente; eppure quel passaggio c'è ed è produttivo della realtà che riconosciamo nell'immagine.

Rino

Citazione di: andrea948 il Sabato, 05 Gennaio 2019, 16:42:52
Era inizialmente mia abitudine specificare con quale SW, e in alcuni casi, quali modifiche (almeno le più salienti) avevo apportato. Poi mi pareva di essere noioso o quanto meno inutilmente prolisso...

Non è questione di essere noiosi o prolissi: dipende dallo scopo per cui si pubblica una foto. Per quanto mi riguarda, se non ci sono motivazioni tecniche da mostrare/dimostrare/spiegare/discutere, faccio a meno anche di scrivere la fotocamera e l'obiettivo usati. Un po' come l'inutilità della solita richiesta dei dati EXIF: se non ci sono motivi tecnici particolari ("Vediamo come va la Sigma a 1600 ISO" o "Vediamo come rende il 35/1.4 a TA") sono una pignolaggine inutile che non aiuta certo a capire la foto ed a permettere di scattarne una simile. La qualità (estetica) di una foto è un mix di tante caratteristiche messe insieme ("Sì, ok, ero ad F/8 ma c'è tanto sfocato perché ho messo a fuoco il soggetto che stava a meno di un metro da me"). Al di sopra di tutto c'è la luce, diversa ogni volta, e la capacità del fotografo di gestirla ed interpretarla già in fase di ripresa prima di passare alla stampa (oggi alla post produzione). Quanto è importante sapere che diaframma e che tempo d'esposizione ha adoperato Ansel Adams per la sua Moonrise a Hernandez? E poi, che carta ha adoperato? Con quali chimici?
Queste domande hanno ragione di essere fatte all'interno di una specifica discussione tecnica o di una lezione di camera oscura, altrimenti rischiano di essere dettagli inutili e noiosi.

Citazione
Sta di fatto che se scatti in RAW lo sviluppo lo devi fare e qui inevitabilmente ci metti del tuo, anche perché a volte utilizzi PS dopo un pò di tempo che hai scattato e dovresti avere una buona memoria per ricordare perfettamente l'immagine (colori e luci) nel momento dello scatto. L'alternativa....scattare solo in Jpeg utilizzando se presenti l settaggi più o meno complessi che la fotocamera che si possiede mette a disposizione, in questo caso si rispetterebbe almeno in parte una visione più "purista" della riproduzione dell'immagine.

Il RAW è davvero come il negativo di una volta: è impossibile stabilire quale fosse l'immagine "vera" se non quella previsualizzata ed interpretata da chi l'ha scattata. Ogni versione che si tira fuori dal RAW è vera come una volta era "vera" ogni stampa in bianconero a prescindere dal contrasto della carta, dall'esposizione e dal numero di bruciature e mascherature che si effettuavano.

Vorrei concludere che i puristi dovrebbero continuare a fotografare solo in diapositiva, ma anche questo sarebbe errato perché tra una Kodachrome 25, una Velvia 50 ed una Agfa 100 ci sono differenze incredibili. Nel 1982 Agfa organizzò il concorso fotografico "Il colore è un'opinione" per il lancio delle nuove dia Agfachrome e, a distanza di oltre 35 anni, questo titolo è quantomai indovinato.

https://www.nadir.it/NEX/libri/agfa.htm

andrea948

Sono d’accordo, bisognerebbe però capire quale è la definizione di “purista” nell’ambito fotografico . E inoltre quale vantaggio può dare il “purismo” nel l’evoluzione nel settore fotografico , anche in funzione dell’aspetto prettamente “artistico”. Ma forse è un discorso troppo complesso...
  • Andrea
     

agostino

Scusate ma, se ogni volta che si affronta l'argomento della vicinanza/distanza del risultato fotografico dalla realtà da cui si parte (area del mondo inquadrata in date condizioni) bisogna ributtarla sul relativismo del tutto, è impossibile dialogare.

Le fotografie sono ritagli colorati o bianconeri che richiamano qualcosa che è stato posto davanti l'obiettivo: bene.


Ora possiamo porci 2 strade di base, da intendersi come linea di tendenza che inevitabilmente violeremo o a cui saremo fedeli sempre in modo parziale: dati i limiti invalicabili della tecnologia e del mezzo in sé, 1. PROVARE a riprodurre quella realtà di quel momento in modo che chi vede la foto possa averne una esperienza visiva/emotiva analoga a quella da noi avuta nel VEDERE** prima di fotografare; 2. Inventare qualcosa da quella realtà per produrre una esperienza visiva/emotiva pilotata verso altro. Pellicola o sensore poco cambia: la pellicola dia va tendenzialmente* manipolata prima, sia per percorrere 1 (ad esempio - per restare al tema colore/temperatura - correggere il più possibili le dominanti di colore) sia per percorrere 2 (ad esempio incrementare le dominanti per fini creativi), il Raw dopo (sempre per arrivare a 1 o a 2: se setto bene la macchina in fase di scatto, soprattutto con lo scopo 1, il jpeg può essere un buon appunto visivo: ricordati cosa è bianco, il rosso era proprio vivido ecc..)

** so benissimo che Vedere per fotografare è già un altro modo di vedere

* le foto di Rino su Venezia ricavate in post produzione di dia ci dicono che si può fare anche dopo, per non parlare delle correzioni in fase di stampa foto o tipografica da dia.

Questo è un processo base che va anche al di là del fatto che la fotografia parte dalla realtà. Voglio dire che riguarda tutti i processi creativi.


Se io INVENTO un racconto posso scegliere di seguire la strada 1 per cui, rimanendo comunque la narrazione un artifizio bello e buono (scelta delle parole, del narratore, del punto di vista, ecc.), chi legge prova un senso di agio immaginando quella storia in quel contesto in cui è inserita (Lucia e Renzo calzano bene nel racconto manzoniano, due perfetti poveretti della campagna lumbard della loro epoca; ma anche il marziano immaginato da uno scrittore di fantascienza, se  ben armonizzato al contesto narrativo, può avere la stessa valenza).
Se scelgo la strada 2 posso andare verso il surreale, l'iperreale, lo strambo, il realismo magico e tutte le amenità che preferisco, portando il lettore in un territorio più straniato.

Le foto con dominanti calde + fredde sono processi di tipo 2, ma anche quello con inquadrature che per prospettiva e rapporti tra gli oggetti si allontanano molto dalla visione a occhio nudo (a mio avviso - sempre tendenzialemte - le riprese grandangolari che includono molto "straniano" di più che le riprese selettive con il teleobiettivo perchè nella visione a occhi siamo abituti, non certo ad avvicinare gli oggetti o a sfocare i piani che si allontanano dall'oggetto di interesee, ma comunque a focalizzare la visione su poche cose per volta.

Non parlerò mai più di tutte queste cose, peggio che andar di notte per acque setose


  • Agostinocantastorie?
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

andrea948

Grande Agostino.....! Sintesi e sostanza come sempre.
  • Andrea
     

agostino

Per Andrea948
Grazie per l'immeritato complimento


Per Rino
Citazionehttps://www.nadir.it/NEX/libri/agfa.htm

Sempre interessanti le tue produzioni "analogiche".
  • Agostinocantastorie?
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

Rino

Citazione di: andrea948 il Sabato, 05 Gennaio 2019, 17:41:22
Sono d’accordo, bisognerebbe però capire quale è la definizione di “purista” nell’ambito fotografico . E inoltre quale vantaggio può dare il “purismo” nel l’evoluzione nel settore fotografico , anche in funzione dell’aspetto prettamente “artistico”. Ma forse è un discorso troppo complesso...

Non è un discorso troppo complesso, ma è il classico discorso che non giunge mai da nessuna parte, almeno per quello che riguarda la mia esperienza. Li ho sentiti fare anche ai tempi dell'analogico in tutti i circoli fotografici e, dopo essere intervenuto con passione, ho preferito lasciarli fare agli altri non curandomi di cosa fossero le mie foto e, soprattutto, non ponendomi limiti per realizzare le foto che avevo in mente.

Ottimo l'intervento di Agostino, ma si potrebbe discutere per ore anche sulle sue parole e sarei ben contento di farlo dal vivo, magari a tavola e con un buon bicchiere di vino davanti. Sono argomenti che periodicamente tornano alla ribalta! ;)

agostino

Citazionemagari a tavola e con un buon bicchiere di vino davanti

questo è parlare
  • Agostinocantastorie?
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

pacific palisades

Citazione di: agostino il Domenica, 06 Gennaio 2019, 14:15:17
Scusate ma, se ogni volta che si affronta l'argomento della vicinanza/distanza del risultato fotografico dalla realtà da cui si parte (area del mondo inquadrata in date condizioni) bisogna ributtarla sul relativismo del tutto, è impossibile dialogare.


E' difficile da capire, tutto qui. Non si tratta affatto del cosiddetto "relativismo", inteso come una drammatizzazione assoluta che porta a una sorta di "nulla esiste". Niente di tutto questo e addirittura io sostengo il contrario di questo relativismo drammatizzato. Sostengo il pragmatismo: la mia conoscenza della cosiddetta realtà sta in un "fare".
Mi è capitato a volte di dire una cosa di assoluto buon senso e vedere sguardi sbigottiti. Dicevo: la conoscenza scientifica del mondo, cioè quella a cui si tributa il più alto grado di (chiamiamola) verosimiglianza (così non ci sbilanciamo), avviene dentro la dimensione dell'esperimento, cioè un fare.
Quindi aggiungevo un esempio. Newton ha torto o ha ragione? Se ci muoviamo a velocità prossime a quella della luce, se abbiamo a che fare con masse enormi come quelle di un pianeta o addirittura di una stella, Newton ha torto; ma se sperimentiamo le sue leggi sui nostri movimenti quotidiani Newton ha ragione. La grandezza in gioco diventa dirimente rispetto alla verità, la grandezza in gioco è la possibilità pratica del movimento. Le leggi quantistiche non ci servono a nulla come esseri umani, ma se andiamo nell'ambito della nanotecnologia diventano fondamentali. Oltre questa dimensione del fare c'è la metafisica, che a me non interessa.
Ora se tu, Agostino, mi dici: usiamo la fotografia per ricostruire rapporti spaziali sperimentabili, io, Pacific Palisades, ti dico: ok, accetto la premessa del tuo discorso.
Ma se tu, Agostino, invece fai della metafisica incardinata in una sorta di etica che in sostanza è moralismo, io, Pacific Palisades, ti dico: ehi bro' non posso accettare la premessa del tuo discorso.

ESERCIZIO
Provate a ingrandire l'immagine fino alla rete di pixel, devono diventare ben visibili, mentre ingrandite spostando il cursore ripete questa domanda: la fotografia è la realtà? (continuate a ripeterla finché i pixel non saranno visibili, schiarirà le idee sullo strumento che state utilizzando).

Italo

CitazioneQuindi...? Interpretazione personale? O riproduzione esatta dell’immagine al momento dello scatto a prescindere dalla percezione personale del momento?
Il mio è stato, ed è sempre, un discorso tecnico che prescinde sia dalle personali interpretazioni che dall'utopica pretesa di ottenere un'immagine coerente con la realtà, visto che la realtà può essere diversa per ognuno di noi (di quest'ultima affermazione mi sono da tempo reso conto anche senza avere una cultura filosofica di base).

In fase di sviluppo / trattamento delle immagini a colori, ci si può accorgere che ad un WB ottimale (non ho scritto "corretto" perché sarebbe improprio) corrisponde sempre una percezione di massima separazione dei colori e massimo contrasto di colore (saturazione), mentre una dominante (di qualsiasi sfumatura) restituisce un'immagine smorta (apparentemente priva di contrasto). Tutto qui!
Capisco che l'intento possa essere quello di trasmettere una sensazione di "fredda" tristezza, ma su un tramonto abbondantemente policromatico non lo trovo opportuno.

Si postano immagini per avere commenti o solo per collezionare gratificanti pollici alzati?  ::)  O:-)
  • Italo
     
Sigma DP2m+SD10_17-70:2,8-4,5__Summicron 50:2__1800:6 autocostruito.
Mitsubishi 10x15-20x30 sublimation printers.

Acheo

In questo momento vivo (a meno 8 non so quanto vivrò  :P).Senza un grosso PC davanti  mi limito a leggere questo topic interessante.

andrea948

Si postano immagini per avere commenti o solo per collezionare gratificanti pollici alzati?  ::)  O:-)
[/quote]

La prima che hai detto.... O:-)
  • Andrea
     

Lorenzo F.

Gli scatti mi piacciono, concordo con l'intervento interpretativo di correzione eseguito da Italo per le motivazioni per le quali lo ha eseguito.


In merito al fotorealismo, apprezzo quanto scritto da Agostino ed aggiungo, senza scomodare troppo i fratelli wachowski, che la realtá è un utopia, in quanto figlia di un processo mentale di valutazione basato su esperienze pregresse accumulate dall'individuo nonchè dalla struttura fisica e fisiologica dello stesso, quindi anche dalle  sue specifiche e personalissime funzioni cognitive.


Ciò implica che la "realtá' può essere simile ma non è e non sará mai uguale nemmeno per due gemelli omozigoti educati dagli stessi genitori.


Figuriamoci quando si parla di rappresentarla o "catturarla", dato che in quel caso entrano in gioco anche schemi percettivi, processi di formazione cognitiva dell'immagine intesa come struttura compositiva ed altro ancora.


Ecco perché ritengo che la fotografia sia sempre frutto di un interpretazione piú o meno accentuata, che ciò avvenga per propria volontá o meno.


La fotografia può essere funzionale o meno e può funzionare o no, il resto sono aggettivi personali e cose da critico d'arte che vuole (sapercela!) piú lunga di altri.


Ovviamente tutto IMHO
{[(1:1:1) + (1:1:4)] /3} > 33% = True
SX70-Sd10-SdQ-XH1 ed altre cosucce varie.

Non sapere chi siamo è grave. Non sapere cosa si voglia è rischioso. Non capire con chi si stia parlando può rivelarsi drammatico.
M.Villani

pacific palisades