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Forlì, 17.4.20

Aperto da pacific palisades, Venerdì, 17 Aprile 2020, 21:45:39

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pacific palisades



Strumenti: occhio sinistro, Canti dell'innocenza e dell'esperienza letti a letto la sera prima, il Doganiere.


pacific palisades

Forlì 25.10.18, ero scemo: manipolavo immagini per dare il significato che ritenevo mancasse al mondo. Imparare la sua lingua e ascoltarlo non mi preoccupava, volevo solo renderlo interessante :ohi:




Ecco perché la fotografia è prima di tutto un'avventura di conoscenza.

agostino

Difficile introdursi nel tuo dialogo interiore esteriorizzato
  • Agostinocantastorie?
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

pacific palisades

Mah ho sempre fatto così, mi stufo a mettere giù una cosa per bene, forse penso anche di tradirla. Quindi la butto come viene perché quando si ritiene di aver capito qualcosa il minimo è cercare di trasmetterla. In questo caso si vede che sono due immagini diverse dello stesso evento cioè  l'alba su quel caseggiato (mettiamo da parte momentaneamente che gli eventi non sono mai completamente uguali); si vede anche che le immagini sono molto diverse ed è una diversità che sta a monte della ripresa: è un'idea del mondo che porta a questo o a quel risultato. Due anni fa il mondo era da 'migliorare', oggi è da ascoltare, quindi è inutile "postprodurlo" come si dice oggi in quel lessico sfasciato consegnato dal marketing. Postprodurre una fotografia non è altro che cercare di postprodurre il mondo. Gli interventi devono essere minimi e funzionali a rappresentare l'esterno, non a (post)produrre un nuovo esterno. Allora si usa il medium fotografia nella sua peculiarità e si può ottenere il massimo.

clax

Eri più scemo ma più bravo!  :)
  • Claudio
     

pacific palisades

Clax, tantovale prendere in mano un carboncino, viene meglio perché è il medium più adatto... la fotocamera per ottenere quel risultato serve solo a evitare lo sforzo di fare mille tentativi con carboncino e foglio di carta. È una scorciatoia, il pittorialismo invece della pittura.

Joserri

Da questo Andrea; grande uomo orribile, ma sempre vero, non mi sorprende (quasi) nulla. E l'ultimo che vedo è piangere. Piango. Siamo seri... È una parentesi oggi di uno scatto dal 1826. Andrea sta scherzando, forse nel bromo, da quando i primi fotografi (e questo è importante) si sono spiati a vicenda chiedendo quali prodotti chimici l'altro aveva comprato. Per non riuscire a spiegarlo, "Poderoso caballero es Don Dinero", diceva Quevedo.
:si: :no: :si: ::) O:-)
  • Ric
     

agostino

CitazioneMah ho sempre fatto così, mi stufo a mettere giù una cosa per bene, forse penso anche di tradirla. Quindi la butto come viene perché quando si ritiene di aver capito qualcosa il minimo è cercare di trasmetterla. In questo caso si vede che sono due immagini diverse dello stesso evento cioè  l'alba su quel caseggiato (mettiamo da parte momentaneamente che gli eventi non sono mai completamente uguali); si vede anche che le immagini sono molto diverse ed è una diversità che sta a monte della ripresa: è un'idea del mondo che porta a questo o a quel risultato. Due anni fa il mondo era da 'migliorare', oggi è da ascoltare, quindi è inutile "postprodurlo" come si dice oggi in quel lessico sfasciato consegnato dal marketing. Postprodurre una fotografia non è altro che cercare di postprodurre il mondo. Gli interventi devono essere minimi e funzionali a rappresentare l'esterno, non a (post)produrre un nuovo esterno. Allora si usa il medium fotografia nella sua peculiarità e si può ottenere il massimo.

Andrea, non capisco bene la necessità di un aut aut tra le due possibilità
Personalmente ho sempre inteso la fotografia come il tentativo di portarmi a casa un pezzo di mondo visto nel modo più fedele possibile alla mia sensazione visiva (foto realistica in tal senso).
Con le dia, che non potevi modificare, l'unica possibilità era scegliere bene cosa era fotografabile e cosa no: inutile immaginare che una scena con forti contrasti luci/ombre potesse essere resa uguale: bisognava scegliere cosa ci interessava far vedere bene, far sì che quello che non si vedeva fosse armonico e non una "zona morta" attaccata all'immagine oppure rinunciare (le ombre chiuse o le luci bruciate, se sono consapevoli, possono dare un timbro all'immagine fotografica non lesiva dell'intento di produrre un "ricordo" della realtà).


Con il digitale si può fare lo stesso, in questo approccio, con molti margini in più (per esempio un preciso controllo della temperatura). Io non vado oltre, ma se sei bravo/interessato a forzare l'immagine e andare altrove perché non farlo?
La tua fanzine "Priapo" è figlia del secondo approccio e merita di esistere.
Ciao
  • Agostinocantastorie?
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

pacific palisades

Citazione di: agostino il Domenica, 19 Aprile 2020, 08:38:28
Andrea, non capisco bene la necessità di un aut aut tra le due possibilità
Personalmente ho sempre inteso la fotografia come il tentativo di portarmi a casa un pezzo di mondo visto nel modo più fedele possibile alla mia sensazione visiva (foto realistica in tal senso).
Con le dia, che non potevi modificare, l'unica possibilità era scegliere bene cosa era fotografabile e cosa no: inutile immaginare che una scena con forti contrasti luci/ombre potesse essere resa uguale: bisognava scegliere cosa ci interessava far vedere bene, far sì che quello che non si vedeva fosse armonico e non una "zona morta" attaccata all'immagine oppure rinunciare (le ombre chiuse o le luci bruciate, se sono consapevoli, possono dare un timbro all'immagine fotografica non lesiva dell'intento di produrre un "ricordo" della realtà).


Con il digitale si può fare lo stesso, in questo approccio, con molti margini in più (per esempio un preciso controllo della temperatura). Io non vado oltre, ma se sei bravo/interessato a forzare l'immagine e andare altrove perché non farlo?
La tua fanzine "Priapo" è figlia del secondo approccio e merita di esistere.
Ciao

L'unico out-out è consapevole - non consapevole. La mia è un'igiunzione a sforzarsi di essere consapevoli di quel che si fa fotografando (da quel che scrivi è un out-out che condividi).

La 'fedeltà' dell'immagine è un mito perché si riduce tutto all'idea di fotocopiare l'esterno, mentre l'esterno noi possiamo soltanto rappresentarlo, e l'immagine-rappresentazione dell'esterno in quanto atto di riquadrare contiene anche colei/colui che fotografa, l'individuo, che a sua volta contiene la cultura di cui è imbevuto. Quindi ridurre la 'fedeltà' a copiare seguendo certe procedure tecniche è un mito. Noi dobbiamo sempre chiederci quel che facciamo quando fotografiamo: come concretamente si dispone quella relazione triangolare tra io, cultura, esterno (e questa è un'avventura di conoscenza).
Se tu esci di casa per fotografare un paesaggio in stile 'fine art' oppure esci per fotografare la tiburtina 'walking eyes'  (titolo di alcune serie dell'immenso Masahisa Fukase) fai una scelta significativa: quel significato entrerà e sarà leggibile nella tua immagine!

Questo non significa che non si può manipolare l'immagine, ci sono certamente risultati altissimi di manipolazione, la bandiera potrebbe essere Moonrise, Hernandez, New Mexico, 1941 di Ansel Adams.
Possiamo dire che quella fotografia è immensamente bella e racconta qualcosa dell'esistenza umana (cosa volere di più?).
Ma bisogna essere consapevoli che non ci dice nulla di Hernandez - consapevolezza che ovviamente nulla toglie alla bellezza della fotografia di Adams, ma ci ricorda che possiamo tentare di raccontare Hernandez, che forse Hernandez ha aspetti bellissimi da cogliere con la fotografia.

Io due anni fa ero scemo non perché facevo manipolazioni tutto sommato con un certo gusto, ma perché ritenevo che quel fare fosse l'unica cosa sensata, non immaginavo un approccio completamente diverso, che qui ho chiamato di ascolto del mondo e che trovo peculiare della fotografia. Scemo = non consapevole della peculiarità della fotografia, del suo talento.