Sono qui a dimostrare che, a differenza di quello che dice il titolo (già mi contraddico, dunque), la fotografia di acque setose è una attitudine o vocazione dell'anima più che un tipo di composizione fotografica. La tecnica consegue, non ne è presupposto.
Il fotografo di acque setose (FAS) anela a produrre riproduzioni con quel particolare effetto di paesaggio, con acque ferme eppur mosse, dopo averne viste migliaia sui siti dei suoi consimili (raramente sui libri). Non è invidia ma bisogno di appartenenza alla tribù dei FAS.
Non sappiamo chi per primo intuì e perseguì questa idea: fu frutto del caso o prodotto meditato e ricercato? Probabile una via di mezzo, una foto apparentemente mal riuscita che apre la strada a una nuova intuizione immaginifica, mai vista da occhio umano senza il supporto dell'otturatore.
Immaginiamo un Fondatore della Religione dei FAS.
Ma non divaghiamo.
Il FAS, dicevamo, persegue dopo aver bramato: ha acquistato per tempo, e con perizia, almeno un obiettivo grandangolare, dei filtri ND di varia densità e, se proprio è fermo nella sua determinazione, anche filtri digradanti. Non parliamo dell'ovvio cavalletto e del controllo remoto dello scatto, un tempo detto flessibile.
Si aggira guardingo, solitario o in piccoli gruppi (dove è spesso ospite un Iniziato) nella giusta ora pre-aurorale o post-tramontizia, in luoghi lacustri o marini: nel secondo caso è bene che abbia chiaro, come dimostrato in altro topic, la direzione dell'orizzonte marittimo, dovendo prediligere la mattina per i mari verso levante e la sera per quelli verso ponente. Il lago si presta a essere aggirato, dunque più propizio all'Evento.
Il FAS sviluppa velocemente la capacità sensoriale che gli permette di porsi all'opera quando la luce è della giusta qualità e quantità. Cerca uno o due sassi o scogli da porre presso il bordo inferiore dell'inquadratura (qualcuno oserà, in futuro, inquadrare la punta dei suoi piedi detersa dalle acque evanescenti); poi le acque dietro che appaiono mosse e indomite al suo sguardo ma che (e qui l'orgoglio) saprà domare e rendere melliflue; da ultimo un orizzonte di cielo variamente colorato. Tra tutto questo un qualsiasi soggetto può offrirsi a pretesto ulteriore per l'Imago.
Chiude senza esitazione il diaframma fino all'ultimo valore, per avere TUTTO a fuoco: forzerebbe oltre il lecito, ma la meccanica delle lamelle ha un limite che va rispettato; calcola velocemente il modo specifico di arrivare al fatico Tempo di Scatto da Acque Setose (TSAS) e arma la lente frontale dei fatali filtri ND (ma non dimentichiamo il digradante, se questo può render meglio servigio) in modo da evitare l'orrore che - in loro assenza - la giusta esposizione possa conseguire a tempi troppo veloci e alieni dalla ritualità della FAS. Poi, dopo un ultimo sguardo all'inquadratura, scatta trattenendo il fiato per tutto il tempo dell'apertura dell'otturatore, anche se il controllo remoto elettronico lo mette al sicuro da qualsiasi rischio di contaminazione vibratile (gesto apotropaico o involontarie eredità rituali di antichi gesti con comandi meccanici?).
Trepida è l'attesa del buffering e certo il risultato che vedrà nel display.
Ma solo la visione su schermo, a casa, renderà pienezza dell'impresa.
Che non sarà l'ultima.