Ma "colore forte" nel senso di colore "standard" o "saturo" oppure colore forte nel senso che il soggetto ha dei colori saturi?
IL COLORE FORTE QUESTO SCONOSCIUTO
INTRODUZIONECOLORE FORTE è una espressione fotografica D.O.C. che identifica quelle immagini nelle quali le "forme colore", per intensità, contrasto cromatico e natura della forma stessa, stravolgono il cosiddetto "linguaggio" rispetto ad una comune immagine a colori. Il "colore forte" è sempre stato uno degli argomenti avanzati di studio considerati fondamentali nella fotografia, indispensabile anche per chi volesse dedicarsi esclusivamente al BN (può sembrar strano, ma è così). Se volessimo fare un paragone scolastico, potremmo dire che se il colore è l'italiano ed il bianco e nero è il greco classico, allora il colore forte è il latino. Eppure di questa "lingua" se ne è pian piano persa quasi traccia, fino al punto che nessuno ne parla più esplicitamente (tranne che negli istituti d'arte, per fortuna, dove è sempre un pilastro irremovibile, anche se non vorrei fosse diventato una "segreta cosa" riservata agli "adepti", spero di no).
Pur essendo un argomento considerato avanzato, nella gran parte delle riviste di un tempo c'era una qualche rubrica che al suo interno si occupava anche di colore forte in modo esplicito. Inoltre, le rubriche che ricevevano e scrutinavano le immagini dei lettori avevano uno o più temi dedicati al colore forte, se non addirittura una specifica "materia d'esame fotografico" alla quale il lettore poteva sottoporre le proprie foto. Tutto ciò è completamente scomparso, insieme alle riviste stesse, senza lasciare neanche traccia sul web.
Il problema è che per comprendere le esigenze compositive del colore forte è ovviamente necessario comprendere la composizione in generale, e poiché la composizione è stata ridotta a qualche regoletta spiccia mista a parole vuote, è chiaro che parlare di punto in bianco di colore forte al giorno d'oggi risulta una impresa sicuramente ardua, quasi una "mission impossible" per carenza di basi comuni.
Ma sicuramente qualcuno si starà chiedendo: è almeno possibile chiarire concettualmente il perché di questa così grande differenza compositiva tra colore, colore forte e bianco e nero?!... Beh, non so, ma ci provo.
BREVI NOTE SULLA COMPOSIZIONEPer prima cosa definiamo almeno sinteticamente ma sostanzialmente cosa sia la composizione. La composizione fotografica consiste nello strutturare una immagine in modo tale da predisporre al suo interno una rete di possibili percorsi di lettura, i quali rispettino i meccanismi fisiologici di lettura dell'insieme occhio-cervello; meccanismi che sono sostanzialmente gli stessi dall'Alaska alla Terra del Fuoco, dall'Islanda al Sudafrica, dalle colonne d'ercole all'arcipelago giapponese (salvo quel minimo quasi irrilevante di differenze dovute alle abitudini del verso di scrittura).
Chiarito questo, vediamo alcuni elementi fondamentali, almeno quelli indispensabili per il nostro scopo limitato.
L'attenzione del nostro occhio-cervello segue delle priorità, e per prima cosa è letteralmente "catturata" dalle "forme cromatiche", intendendo con questa espressione quelle "zone cromaticamente uniformi che si distaccano dal contesto per contrasto cromatico". Inoltre, dal punto di vista temporale è attirato PRIMA e più intensamente dalle forme semplici rispetto a quelle più complesse. Ovviamente, oltre a questo seguono tanti altri meccanismi di selezione dell'attenzione operati dal nostro cervello, ma in questa sede li dobbiamo lasciare necessariamente da parte.
In secondo luogo, una volta che il cervello ha identificato gli "elementi" di attenzione, ne seleziona alcuni promuovendoli a "centri" di attenzione e costruisce dei "percorsi di lettura", aventi per "nodi" questi "centri" e risultanti dalla fusione dalle linee apparenti presenti nell'immagine con le linee virtuali congiungenti detti "centri" (solo su questa frase ci sarebbe da soffermarsi e scrivere per un intero libro, ma qui ci dobbiamo accontentare del concetto).
Questa non è neanche la punta dell'iceberg dell'intero processo, e inoltre la semplificazione che ho fatto è necessariamente estrema (a dir poco), ma è quanto secondo me è strettamente sufficiente per il discorso che dobbiamo fare.
Tutto quanto sopra descritto avviene praticamente all'istante. Dopo di che arriva la sentenza: l'immagine viene accettata dal nostro cervello oppure è rifiutata. In che senso? Nel senso che se il nostro cervello NON riesce a costruire al volo almeno UN percorso di lettura, allora non inizia neanche ad esplorare l'immagine, ma al massimo si limita a "vederla" senza realmente osservarla. Posso provare a spiegarlo così: come quel marito che aspetta fuori dal negozio che esca la moglie, e che sembra che ogni tanto "guardi" la vetrina di guanti, scarpe e cappellini, ma in realtà il suo cervello non si impegna minimamente nell'osservazione. Non prendete però questo esempio alla lettera, perché come tutti gli esempi non sostituisce il fenomeno, quindi va preso con le molle.
NOTA: in realtà il rifiuto può avvenire anche successivamente ad una prima accettazione (la quale a sua volta può essere fatta "con riserva", diciamo così), ma non possiamo addentrarci più di tanto nel discorso, altrimenti non ne usciamo più.
Un corollario di quanto detto - che può facilmente sfuggire - è il seguente: in caso di "rifiuto" alla lettura dell'immagine, noi possiamo comunque insistere ad osservarla (e in genere lo facciamo), ma a quel punto i meccanismi di lettura non hanno più luogo e la visione è del tutto priva di guida, quindi casuale, per non dire caotica; o meglio, per essere precisi, questi meccanismi non hanno più luogo in modo inconscio, a meno che, ovviamente, non non abbiamo sufficiente conoscenza del nostro processo visivo da poter "condurre il nostro cervello tenendolo per mano" (spero di aver trasmesso il concetto).
Torniamo adesso finalmente al punto di partenza: la composizione. Essa consiste nel predisporre la struttura dell'immagine in modo tale che il nostro occhio-cervello sia in grado di procedere senza intoppi con i propri meccanismi di lettura: se ciò avviene, allora la nostra composizione ha avuto successo e potremo legittimamente chiamarla una buona composizione, ma sarebbe più appropriato definirla
una composizione che funziona; se viceversa ciò NON avviene, ossia se la lettura dell'immagine viene "rifiutata" dal nostro occhio-cervello, allora la nostra composizione ha fallito, e altrettanto legittimamente potremo chiamarla una cattiva composizione, ma più appropriatamente
una composizione che NON funziona.
Le ragioni concrete per le quali una composizione può non funzionare sono molteplici e differenti per natura, ma la più frequente è probabilmente l'eccesso di possibili centri di attenzione, che mette il nostro cervello nel caos, come dieci venditori che ti parlano a voce alta contemporaneamente nell'orecchio; il cervello adotta allora un semplicissima strategia: scappa. Da questo deriva il fondamento di verità della "regoletta" compositiva che dice di "eliminare tutto il superfluo dall'immagine". Certo, seguire questo principio aiuta, perché c'è un nesso diretto col vero principio che gli sta dietro, e sono anche disposto a riconoscere che la maggior parte delle tante regolette compositive abbiano ognuna un fondo di verità dal quale derivano; ma ridurre la composizione a regolette sterili senza una reale comprensione del problema (anzi, senza neppure averne idea), è un surrogato davvero misero, non vi pare?!...
Ottenere una composizione che funzioni non per un colpo di fortuna, ma perché costruita con consapevolezza, richiede ovviamente una comprensione dei suddetti meccanismi che sovraintendono ai nostri processi di lettura delle immagini, tutte cose che nessuno si è mai preso la briga di analizzare e descrivere in modo sistematico (a parte il campo medico-biologico della fisiologia della visione, che però non è per niente la stessa cosa, perché gli scopi e gli interessi sono del tutto differenti). Non essendoci testi autorevoli di riferimento, ognuno deve riscoprire da solo l'acqua calda e chi lo fa (e non sono affatto pochi) non perde tempo a metterlo per iscritto. Purtroppo, la tradizione orale uno-a-uno in campo fotografico (e non solo) è ormai praticamente estinta, sostituita dai corsi, dagli stage e dai work-shop, che essendo "temporanei" possono al massimo trasmettere un po' di tecnica ma non sono assolutamente in grado di insegnare la "Fotografia", IMO.
Ho cercato di spiegare succintamente cosa sia la composizione, a cosa serve, quale sia il suo scopo specifico e come funzioni. Non so se ci sono riuscito, ma non credo di poter fare di meglio. Adesso possiamo tornare al colore forte dal quale siamo partiti, con quel minimo di bagaglio indispensabile per poter comunicare.
IL COLORE FORTE E LA COMPOSIZIONENOTA: l'espressione è sempre "colore forte" al singolare, ma ciò non significa che debba essere solo uno, in una immagine possono essercene anche due o più (anche se più sono e più complesso è il gestirli e farli convivere). Occorre però sapere e ricordarsi che il plurale non si usa proprio, in nessun caso, e quindi suona del tutto "stonato" alle orecchie di un fotografo.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro perché il colore forte stravolge i criteri di composizione rispetto ad una normale fotografia a colori: vediamo insieme alcuni elementi concreti, ma sia ben chiaro che l'elenco è solo esemplificativo (pensare di ridurre il tutto ad una lista di casi è impraticabile e l'elenco che ne verrebbe fuori sarebbe chilometrico).
1) la semplice presenza di colore forte determina la definizione di "centri" di attenzione che prevalgono senza scampo rispetto a quelli che altrimenti sarebbero stati possibili centri di attenzione, per cui le composizioni nei due casi sono di fatto non soltanto differenti ma proprio incompatibili
2) la presenza di colore forte abbassa vertiginosamente la significatività del colore normale, pertanto è facilissimo che buona parte del contesto sia non solo inutile ma letteralmente di troppo, e divenga un "terzo incomodo" soltanto fastidioso
3) il colore forte privilegia le forme in quanto tali, in misura proporzionale alla loro semplicità (più è semplice la forma e più "forte" è il colore, e viceversa, ossia più è complessa la forma è tanto più si riduce l'impatto del colore forte)
4) le forme tendono per loro natura a dialogare tra loro, per cui tutto il restante contenuto dell'immagine deve integrarsi in tale dialogo, altrimenti si genera una "babele compositiva" (non so sintetizzare questo concetto meglio di così)
5) se nell'immagine vi è un'unica forma di colore forte, allora ovviamente non si instaura nessun "dialogo" primario (diciamo che diventa l'equivalente di una vignetta "senza parole"); in tal caso, però, la composizione diventa estremamente critica, in quanto ogni altro elemento presente diventa quasi automaticamente di disturbo, se la sua presenza non appare palesemente giustificata al nostro cervello
NOTA: il termine "dialogo" è usato con una sua accezione concreta e specifica; anche se non possiamo addentrarci nel discorso, possiamo considerarlo - con buona approssimazione - come un sinonimo di "percorso preferenziale di lettura".
Basta, mi fermo, altrimenti non si finisce più. Ma penso che questi cinque elementi, che nel loro insieme sono estremamente frequenti, sia sufficiente per rendersi conto da soli della consistenza dell'affermazione dalla quale siamo partiti, ossia che
"il colore forte stravolge i criteri di composizione rispetto ad una normale fotografia a colori".
Spero che quanto ho scritto sia sufficientemente chiaro non ostante - voglio ribadirlo - la estrema semplificazione dei concetti espressi. Se così non è stato, pazienza, ma ci ho provato.
CONCLUSIONEVorrei concludere con una riflessione.
Penso che il colore forte sia stato "messo in un cantuccio" nel corso del tempo in quanto la sua complessità è tale che con le "regolette" non si va da nessuna parte, e purtroppo ormai la fotografia va avanti solo a forza di regole e regolette, IMO. Ma penso anche che tale complessità sia molto sopravvalutata, e che se affrontato mediante la comprensione della composizione, invece che con le regolette, anche il colore forte sia alla portata di tutti, in quanto è la stessa composizione che è alla portata di tutti.
Perché
la Fotografia è Composizione più Creatività, con giusto un pizzico di tecnica.
Purtroppo, però, la composizione NON si può imparare sui testi ma soltanto in affiancamento sul campo, oppure riscoprendo l'acqua calda per proprio conto, oppure ancora - ed ancor meglio - con entrambi i modi insieme. IMO.
PS Non ho il tempo di rileggere con attenzione: lo farò quando posso apportando le necessarie correzioni, ma nel mentre perdonate gli eventuali errori sfuggiti o eventuali frasi che mal si reggono (ce ne saranno di sicuro).