L'astrofotografia dilettantistica è un hobby tra i più costosi perché presuppone un'attrezzatura non solo fotografica ma anche di "inseguimento" (tracking) degli "oggetti" (in movimento relativo) che si vogliono riprendere.
E' doverosa una premessa sulla definizione di dimensione apparente degli astri: come misurereste voi la dimensione di un qualsiasi oggetto che appare nel cielo notturno (o diurno)? A centimetri/millimetri tra indice e pollice a braccio teso... o più esattamente in gradi?
Con il solo treppiede, per non vedere il mosso stellare, si può usare solo un tempo di esposizione relativamente breve (non più di 10-15sec.) con focali corte (10-15mm per il formato APSc) inquadrando preferibilmente una zona attorno la stella polare.
Il circa mezzo grado di riferimento del diametro solare e lunare ci viene in aiuto anche per valutare la dimensione della loro immagine sulla pellicola/sensore che risulta essere di circa 1cm. di diametro per ogni metro di focale.
Senza introdurre noiose formule trigonometriche possiamo dire che la dimensione apparente di ogni "oggetto" celeste espressa in gradi angolari ci permette di conoscere preventivamente la dimensione che la sua immagine avrà sul piano focale di un certo obiettivo/telescopio: ad esempio, supponendo di voler fotografare con 1 metro di focale la galassia Andromeda, le cui parti più deboli si estendono fino a 3° (6 lune affiancate: 6cm.), occorrerà un sensore da medio formato, mentre l'immagine del pianeta Giove (44 arcosecondi, il più grande pianeta del sistema solare) al fuoco di un obiettivo da 2000 mm. avrà un diametro di circa 1/2 mm.
La fotografia astronomica amatoriale si può dividere in 2 specializzazioni osservative: quella dei pianeti e quella degli "oggetti deboli" (Deep sky objects).
Risultati medi si possono ottenere anche con un solo tipo di strumento ma avendo un preciso interesse i risultati migliori si ottengono con rifrattori (costituiti da sole lenti) per i pianeti, e riflettori (sistemi a specchio/catadiottrici) per gli oggetti deboli, che possono offrire una maggiore apertura e maggior angolo di campo a parità di focale, ma sono anche più ingombranti, pesanti e costosi.
Questa la mia postazione autocostruita (oggi pressoché abbandonata) dotata di un telescopio Newton (specchio parabolico) di 1800mm di focale e apertura F/D=6 (30cm diametro ottico) che può essere usato sia in modalità visuale che fotografica, nella foto è disposto in modo da mostrare meglio il rifrattore di guida in parallelo al telescopio principale.

Il mio interesse è in prevalenza rivolto agli oggetti deboli che sono presenti in quantità quasi illimitata con una nutrita schiera di esemplari di grande bellezza, ma soprattutto perché mi ha sempre affascinato l'idea di poter svelare ciò che l'occhio non può vedere direttamente.
A occhio nudo (o in live view digitale) possiamo vedere solo le stelle più luminose (6° magnitudine) della nostra galassia (Via Lattea) mentre accumulando la luce (con una certa esposizione) si osserva, di profilo, il vortice di stelle in cui siamo immersi e ci si rende così conto di quanto insignificante sia la nostra esistenza nel contesto universale.
Cento miliardi di stelle sono solo quelle della nostra galassia (se non ci credete andatele a contare) ma possiamo vedere anche altre galassie esterne e lontane con diverse prospettive e altrettanto popolate.
Questa coppia di galassie (M81-82) visibili nel cielo autunnale possono essere meglio apprezzate in fotografia per gli accenni cromatici che rivelano (esp.30 m. su hypered 35mm film).

Però la regina delle galassie esterne, perché più vicina a noi, è Andromeda (M31) che con i suoi 3° di ampiezza ci mostra l'aspetto di una Via Lattea come vista da un lontano alieno.
Per la sua ampiezza, questa ripresa ha richiesto l'impiego di un telescopio catadiottrico particolare (Camera Baker-Schmidt) 1600mm F/D=4 dotata di porta pellicole piane 4"x5" (10x12cm).
Se Andromeda fosse la Via Lattea, il nostro sole sarebbe una delle tante stelle posta a circa metà strada tra il nucleo e la periferia delle spirali, immerso in una "nuvola" di altre stelle come potremo osservare, dall'interno, nelle prossime immagini.
Le sfumature biancastre non sono polveri, né gas, ma una fittissima distesa di stelle otticamente non risolte perché troppo lontane, mentre quelle visibili come definiti punti luminosi, non sono stelle oltre la galassia ma molto più vicine a noi in quanto appartenenti alla nostra galassia: la "Via lattea".

Tuffiamoci ora in spirali simili a quelle e guardiamole con i piedi per terra:
questa una posa estiva di 15 minuti sulla costellazione del Cigno con una Pentax 6x7 e 165mm.
Montando sulla struttura del telescopio un supporto orientabile per fotocamera dotata di obiettivo e usando il telescopio come strumento di guida su una stella di riferimento posta al centro di un crocicchio illuminato è possibile eseguire lunghe esposizioni senza mosso apparente correggendo manualmente con l'uso di apposita pulsantiera eventuali imprecisioni meccaniche nel moto.
Il rossore più compatto sulla sinistra è la nebulosa Nord America, così chiamata perché ne segue i contorni, altre nebulosità minori si confondono nei campi stellari più intensi che procedono verso destra.

Sebbene le immagini a colori siano più appaganti esteticamente, come succede anche con il digitale, quella monocromatica filtrata offre una maggiore risoluzione per la cancellazione di gran parte delle aberrazioni (vedi argomento:
http://forum.foveon.it/index.php?topic=134.0 ).
Qui lo stesso 165mm Pentax (con filtro in gelatina Wratten 25) montato con adattatore su corpo 35mm e centrato sulla nebulosa Nord America (NGC7000).
I dischi stellari, nonostante la maggiore scala di ingrandimento, sono perfettamente puntiformi mentre sfumature e dettagli del gas della nebulosa sono molto evidenti e precisi.
Esp. 30 m. su Kodak Technical Pan 2415 ipersensibilizzata (la stessa per tutte le pose monocromatiche)

Stessi strumenti e procedura per questa "Cocoon Nebula" in intenso campo stellare: il "baccello" oscuro da cui sembra sgusciare la piccola nebulosa circolare non è una zona priva di stelle ma ostruita da polveri che ne impediscono la visione.
Questa più di tutte può rendere l'idea di ciò che intendevo nella premessa a proposito del "peso" dell'umana esistenza nel contesto universale: ognuno di quei punti è un sole più o meno come il nostro con probabili pianeti attorno ad essi.... e quello che si vede qui è solo una piccola parte di una sola dei miliardi di galassie esistenti.

Il cielo invernale è quello più spettacolare e colorato con particolare ricchezza di nuvole di idrogeno (rosso) e ossigeno (blu) ionizzate e rese luminose dalle radiazioni delle stelle in esse immerse.
La costellazione invernale di Orione e i suoi dintorni è la zona che ne raggruppa un numero maggiore: la luminosa M42, la debolissima e subdola Testa di Cavallo (completamente invisibile visualmente) e, ad una certa distanza (costellazione dell'Unicorno) l'altrettanto invisibile Rosetta.
L'omonima e luminosa nebulosa sulla "spada" di Orione su Kodak Ektar 1000 35mm esp: 30m.

La cintura di Orione ospita invece la Testa di cavallo che, per la sua bassa luminosità, si è optato per la pellicola monocromatica ipersensibilizzata in formato 120 con 60min. di posa e filtro W25 in gelatina sul piano focale.

Stessa procedura per la Rosetta che presenta lo stesso carattere di basso contrasto originale per cui in stampa è stato necessario un passaggio supplementare su internegativo di pellicola fotomeccanica in dimensione di stampa per non ridurre troppo la risoluzione del dettaglio.

Nella costellazione del Toro è facilmente identificabile l'ammasso aperto delle Pleiadi avvolte nelle nebulosità che ne riflettono la luce blu.

Nel 1995 un mio cliente, dopo aver acquistato uno dei miei telescopi, lo corredò con una camera CCD raffreddata da circa 500x500pixel, questa una delle prime esposizioni sull'ammasso globulare M13 in Ercole (cielo estivo).

Da quando sono "entrato" in Sigma sapevo già che non avrei potuto usarla per le pose sugli oggetto deboli ma, dopo l'acquisto della prima SD14 anche se non è il settore che preferisco, ho pensato di fare qualche scatto su ciò che c'è di più luminoso: per esempio Giove e Luna
Sapevo che l'immagine sarebbe stata di dimensioni minime e dubitavo sulla risoluzione possibile, infatti all'apertura del file in SPP rimasi un po' deluso non tanto dalle dimensioni quanto dall'aspetto "bruciacchiato" delle luci e pensai: "questa è da buttare!"
Fotogramma intero ridotto in dimensioni: il diametro di Giove è di 0,4mm!

Questo il crop dopo un paziente trattamento di recupero tonale e cromatico: oltre alle bande equatoriali e alla macchia rossa si può notare l'ombra nera di un satellite un po' a destra sulla banda centrale.
Che fenomeno questo foveon! Se fosse stata pellicola che ci avrei fatto?

Per confronto questo scatto della sonda Cassini che ci mostra il rapporto tra le dimensioni della Terra e di Giove (fonte NASA).

L'ultimo scatto della collezione è dedicato alla luna fotografata con SD14 adattata al telescopio (1800mm f:6).
Il nostro satellite non va mai fotografato in fase piena altrimenti i crateri non facendo ombre sono praticamente invisibili: il primo quarto (giorno più, giorno meno) è la fase ideale!
Cliccare sull'immagine per dimensione originale.
