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Monte Pietra Quadra

Aperto da edecapitani, Mercoledì, 09 Ottobre 2024, 17:13:02

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edecapitani

Grazie Mariano

Vorrei tornare sul discorso del riprodurre/ aderire/ interpretare perché mi rendo conto di essermi spiegato male. Sono d'accordo sul fatto che non si riproduce la realtà.
Un ricco appassionato d'arte contestò a Picasso la mancanza di realismo del cubismo analitico. Picasso allora chiese cos'è un immagine realistica. Il tizio rispose mostrando una fotografia della moglie e disse che quella sì era realistica, al che Picasso chiese se la moglie del tizio fosse alta pochi centimetri, se avesse solo due dimensioni e fosse in bianco e nero. Il cubismo analitico contesta la pretesa di realismo assoluto della prospettiva  rinascimentale, che consiste nel guardare la realtà attraverso un foro dentro una cornice rettangolare, il che non è la nostra visione quotidiana della realtà. E infatti pochi pittori seguirono con esattezza i dettami della prospettiva per cercare una maggior naturalezza o per introdurre significati irriducibili al "realismo". Leonardo da Vinci nell'Ultima Cena ribalta la prospettiva della tavola cui siedono gli apostoli, se fosse stato "realista" si sarebbe visto il di sotto del tavolo e invece adotta una prospettiva "medievale" perché vuole che i frati domenicani del convento diventino commensali della Cena, dipinta in un refettorio. Il gioco di luci reali e dipinte ed alcuni movimenti di Pietro e Giovanni, sono studiati per mettere in ombra Giuda senza separarlo dagli altri faceva l'iconografia più diffusa. Leonardo (e con lui il priore delle Grazie) voleva dire che chiunque poteva essere al posto di Giuda e tradire, è una questione di libertà.

Per molti, me compreso, la fotografia è dentro parametri limitati e ne siamo più o meno consapevoli o inconsapevoli. Qualche anno un fotografo professionista, belga se ricordo bene, i cui lavori sono riconosciuti ed oggetto di apprezzamento della critica e di polemiche, affermò in una conferenza - e lo fece senza alcun disprezzo - che la gran parte della fotografia paesaggistica è ferma alla pittura dell'Ottocento. In realtà ho visto inquadrature di pittori dell'Ottocento che sarebbero oggetto di reprimenda in un circolo fotografico.

La fotografia secondo me deve tendere alla riproduzione in pochi casi, per esempio quando deve restituire fedelmente le trame e i colori di un tessuto o di un dipinto (sono un assiduo frequentatore di mostre e per mia esperienza pochissimi cataloghi riescono in questo compito assai difficile). La fotografia può essere un segno del reale e come ogni segno traduce e traducendo tradisce.
Aderire alla realtà significa per me assumere un atteggiamento fenomenologico, dare spazio alla realtà perché dica ciò che ha da dire ma la fotografia, anche in questo caso documenta il mio incontro con la realtà, non la riproduce. Quando ero più giovane fui impressionato dalle fotografie di sculture fatte da Amendola, perché il suo approccio fotografico alla scultura mi sembrava molto personale ed originale ma consentiva alla scultura di svelare se stessa. Persino inquadrando un particolare di un dipinto diamo al dipinto un lettura e un'interpretazione. Un filosofo contemporaneo ha scritto un libro in cui si parla dell'astrattismo in certi particolari della pittura di Beato Angelico ed è in fondo il procedimento di certa fotografia astratta che risulta da un iper-realismo, si fotografa un particolare scollegandolo dalla forma riconoscibile di cui fa parte.

Quando fotografo - e io sono un fotografo elementare e poco evoluto - cerco di interpretare la realtà, lo faccio scegliendo l'inquadratura e l'esposizione e lo faccio anche in post-produzione, perché nella realtà che vedo c'è una gerarchia e questa gerarchia dipende dalle cose stesse e dal mio sguardo. Io stesso sono parte della realtà.
Non mi è possibile conoscere e fotografare se non ciò che amo, mi è necessaria un'empatia. Per me sta in queste attitudini l'adesione al reale. Non si tratta di riprodurre o, al contrario, di stravolgere la realtà, ma di colloquiare con le cose che si svelano allo sguardo. È un processo in cui, in qualche caso felice, entrano in risonanza piani diversi del reale, della mia interiorità, della memoria, del pensiero simbolico, analogico ed evocativo. Quando parlo di simboli non mi riferisco a cose esoteriche e arcane per iniziati ma ad esperienze concrete, elementari e personali che mettono in rete i significati e in contatto le esperienze.
  • Enrico
     

Pinus

Citazione di: edecapitani il Domenica, 13 Ottobre 2024, 20:01:24Grazie Mariano

Vorrei tornare sul discorso del riprodurre/ aderire/ interpretare perché mi rendo conto di essermi spiegato male. Sono d'accordo sul fatto che non si riproduce la realtà.
Un ricco appassionato d'arte contestò a Picasso la mancanza di realismo del cubismo analitico. Picasso allora chiese cos'è un immagine realistica. Il tizio rispose mostrando una fotografia della moglie e disse che quella sì era realistica, al che Picasso chiese se la moglie del tizio fosse alta pochi centimetri, se avesse solo due dimensioni e fosse in bianco e nero. Il cubismo analitico contesta la pretesa di realismo assoluto della prospettiva  rinascimentale, che consiste nel guardare la realtà attraverso un foro dentro una cornice rettangolare, il che non è la nostra visione quotidiana della realtà. Per molti, me compreso, la fotografia è dentro questi limiti e ne siamo più o meno consapevoli o inconsapevoli.
Ma la fotografia secondo me deve tendere alla riproduzione in pochi casi, quando deve restituire fedelmente le trame e i colori di un tessuto o di un dipinto (sono un assiduo frequentatore di mostre e per mia esperienza pochissimi cataloghi riescono in questo compito assai difficile). La fotografia può essere un segno del reale e come ogni segno traduce e traducendo tradisce.
Aderire alla realtà significa per me assumere un atteggiamento fenomenologico, dare spazio alla realtà perché dica ciò che ha da dire ma la fotografia, anche in questo caso documenta il mio incontro con la realtà, non la riproduce. Quando ero più giovane fui impressionato dalle fotografie di sculture fatte da Amendola, perché il suo approccio fotografico alla scultura mi sembrava molto personale ed originale ma consentiva alla scultura di svelare se stessa. Persino inquadrando un particolare di un dipinto diamo al dipinto un lettura e un'interpretazione. Un filosofo contemporaneo ha scritto un libro in cui si parla dell'astrattismo in certi particolari della pittura di Beato Angelico ed è in fondo il procedimento di certa fotografia astratta che risulta da un iper-realismo, si fotografa un particolare scollegandolo dalla forma riconoscibile di cui fa parte.
Quando fotografo - e io sono un fotografo elementare e poco evoluto - cerco di interpretare la realtà, lo faccio scegliendo l'inquadratura e l'esposizione e lo faccio anche in post-produzione, perché nella realtà che vedo c'è una gerarchia e questa gerarchia dipende dalle cose stesse e dal mio sguardo. Io stesso sono parte della realtà.
Non mi è possibile conoscere e fotografare se non ciò che amo, mi è necessaria un'empatia. Per me sta in queste attitudini l'adesione al reale. Non si tratta di riprodurre o, al contrario, di stravolgere la realtà, ma di colloquiare con le cose che si svelano allo sguardo. È un processo in cui, in qualche caso felice, entrano in risonanza piani diversi del reale, della mia interiorità, della memoria, del pensiero simbolico, analogico ed evocativo. Quando parlo di simboli non mi riferisco a cose esoteriche e arcane per iniziati ma ad esperienze concrete, elementari e personali che mettono in rete i significati e in contatto le esperienze.


Concordo pienamente con quello che hai scritto. Anche io credo che non si possa parlare di una riproduzione fedele della realtà, né attraverso la fotografia né con altre forme d'arte. Mi ha colpito molto l'aneddoto su Picasso, che trovo particolarmente efficace per illustrare come la realtà non sia mai qualcosa di statico o oggettivo, ma sempre filtrata dal nostro sguardo, dalle nostre scelte e interpretazioni.

Mi ritrovo nella tua idea di "aderire" alla realtà, non come un tentativo di riprodurla, ma come un modo di entrare in dialogo con essa, lasciando spazio al soggetto di rivelarsi. È proprio in questo processo, in cui si incontrano il nostro sguardo e la realtà esterna, che credo si possa trovare una verità più profonda, anche se non oggettiva. Anche io penso che la fotografia possa tradurre e, inevitabilmente, "tradire" il reale, ma in questo tradimento c'è l'opportunità di creare qualcosa di unico e personale.

Grazie per aver condiviso il tuo punto di vista così articolato, mi ha dato molto su cui riflettere!




Eros Penatti

Grazie per avermi citato Enrico, Predarossa non è ancora pronta, ho visto le foto dell'altro giorno, c'è ancora molto verde, iniziano ora a colorarsi i larici meno esposti al sole, ancora 10gg e lo scenario sarà pronto !
E' molto interessante tutto ciò che hai scritto, io mi ritrovo esattamente con questa affermazione :

CitazioneUno dei miei soci me lo ha chiesto "perché fotografo" e io ho risposto che da quando fotografo il mondo ai miei occhi è diventato più grande, più ricco e interessante e la luce rende interessanti anche cose che in altri tempi non notavo neppure. Fotografo ciò che amo e la fotografia mi fa scoprire nuove cose da amare. La fotografia per me è un modo di aderire alla realtà, non di riprodurla.

Da quando fotografo, il mondo è diventato più interessante, in meglio o in peggio non so, ma alla soglia dei 60, sicuramente vedo di più di quanto ho visto nei miei primi 50 anni...
Amo la natura in modo viscerale, dagli animali al paesaggio naturale, mi entusiasmo per le piccole cose che succedono intorno a me, riconosco qualche passeriforme che frequenta la città e la nostra campagna, riesco a distinguerli dal loro volo, amo e rispetto la montagna, la sua gente, osservo il mare per la sua forza, osservo lo scorrere dei fiumi, poi c'è l'acqua, le nuvole, il cielo...
E' grazie alla fotografia che ho affinato questa attitudine che non conoscevo fino ad un decennio fa, più fotografo più vedo, più vedo più son felice...
Provo molta tristezza per chi non fotografa, non vedono, non sanno cosa si perdono... tantissime volte ho inviato i miei amici "non fotografi" a vedere un'alba o un tramonto, non sono mai venuti, pazienza  ::)
Non mi pongo il problema se fotografare per rappresentare la realtà piuttosto che interpretarla, è un bel dilemma... per ora è solo una gran bella passione che esercito purtroppo solo nei weekend, spero tra qualche anno d'aver più tempo da dedicargli  ^-^

agostino

Ho parlato del Foveon e "la veridicità della riproduzione" che ragala: con questo non voglio dire cha la fotografia è semplice riprouzione, voglio dire che lo strumento"fotografico" deve essere in grado restituirmi colori, contrasti ecc sufficientemente attinenti alla realtà: poi sta a me decidere cosa farne, anche stravolgerli.
Di fatto reinventare in due dimensioni ridotte (che mi rivedo in un contesto diverso da quello in cui lo ho generato: sul pc in cucina, su una foto stampata sul sofà ecc.) un pezzo di mondo infinito - che percepisco in 4 dimensioni - è quanto di più irreale possa esistere di per sé.
  • Agostinocantastorie
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)

edecapitani

Agostino, sono pienamente d'accordo, rispetto al Foveon talvolta le immagini prodotte e post-prodotte (da me) con altre fotocamere mi sembrano più eteree e immateriali. Non credo che le fotografie di questo post riproducano esattamente i colori di quel giorno ma me ne fanno rivivere l'atmosfera, la percezione. Non è solo questione di definizione e dettaglio - all'inizio  era soprattutto questo che mi attirava del foveon - perché Canon R5 ha dettaglio da vendere.
Il discorso si complica se si parla di dipinti, che sono un soggetto che pratico frequentemente. Lì mi necessita un salto di qualità, forse difficile se non si lavora professionalmente, se non si possono controllare le luci. Dovrei imparare ad utilizzare i target... Comunque l'unica foto in cui ho ottenuto quasi esattamente gli stessi colori del dipinto l'ho scattata con sdq e 50-100 art.
  • Enrico
     

Pinus

Citazione di: edecapitani il Lunedì, 14 Ottobre 2024, 10:19:43Agostino, sono pienamente d'accordo, rispetto al Foveon talvolta le immagini prodotte e post-prodotte (da me) con altre fotocamere mi sembrano più eteree e immateriali. Non credo che le fotografie di questo post riproducano esattamente i colori di quel giorno ma me ne fanno rivivere l'atmosfera, la percezione. Non è solo questione di definizione e dettaglio - all'inizio  era soprattutto questo che mi attirava del foveon - perché Canon R5 ha dettaglio da vendere.
Il discorso si complica se si parla di dipinti, che sono un soggetto che pratico frequentemente. Lì mi necessita un salto di qualità, forse difficile se non si lavora professionalmente, se non si possono controllare le luci. Dovrei imparare ad utilizzare i target... Comunque l'unica foto in cui ho ottenuto quasi esattamente gli stessi colori del dipinto l'ho scattata con sdq e 50-100 art.

Condivido pienamente il tuo ragionamento sulla percezione delle immagini e sul ruolo del Foveon nella resa cromatica. La sua capacità di catturare la luce e i colori in modo così diretto ha sempre avuto un fascino particolare, soprattutto per chi cerca una rappresentazione più "pura" della realtà visiva. Tuttavia, come hai osservato, la questione non si riduce solo alla risoluzione o al dettaglio – settori in cui macchine come la Canon R5 eccellono – ma piuttosto a un concetto più ampio di percezione e atmosfera.

Quando si lavora con la post-produzione, credo che il passaggio cruciale sia proprio quello di riuscire a riprodurre l'atmosfera e l'impressione che avevamo al momento dello scatto, più che ricercare una fedeltà assoluta e quasi scientifica nei colori. In fondo, la fotografia – soprattutto quella artistica – non è solo una replica della realtà, ma una reinterpretazione attraverso l'occhio e la sensibilità del fotografo.

Riguardo al discorso sui dipinti, mi sembra che qui il tema della fedeltà cromatica diventi ancor più complesso e interessante. I colori nei dipinti sono creati con una profondità e una complessità che possono essere difficili da catturare con precisione attraverso una fotocamera standard. Ed è proprio qui che l'uso dei target colore diventa fondamentale. Un target colore, come il noto X-Rite ColorChecker, ti permette di avere un riferimento fisico dei colori nel momento dello scatto, da usare successivamente in post-produzione per calibrare le immagini e ottenere una riproduzione quanto più fedele possibile delle tonalità originali.

In pratica, scattare una foto includendo un target colore ti permette di avere un "campione" fisico e standardizzato di colori che può essere confrontato con il risultato digitale. I software di editing moderni, come Adobe Lightroom o Capture One, possono poi interpretare queste informazioni e correggere le deviazioni cromatiche causate dall'illuminazione o dal sensore della fotocamera. Questo processo è particolarmente utile nel contesto artistico, dove anche la più piccola sfumatura di colore può influire sul risultato finale.

È però importante notare che l'uso dei target colore non è una soluzione magica. Per ottenere una fedeltà cromatica ottimale, è fondamentale anche avere un controllo preciso delle condizioni di luce. I dipinti riflettono la luce in modi molto diversi rispetto alle superfici naturali, e la qualità della luce (sia essa diffusa, dura, calda o fredda) ha un impatto enorme sul modo in cui i colori vengono registrati dalla fotocamera. Investire in un setup di illuminazione più controllato, magari utilizzando softbox o luci calibrate, potrebbe davvero fare la differenza.

Infine, come hai accennato, l'unica volta in cui sei riuscito a ottenere una fedeltà cromatica quasi perfetta è stata con la Sigma sd Quattro e il 50-100 Art. Questo è interessante perché suggerisce che, nonostante il contributo tecnico dei target colore e dell'illuminazione, ci sono ancora fotocamere e ottiche che riescono a catturare meglio certe sfumature rispetto ad altre. Il Foveon, con la sua architettura a strati, ha una capacità unica di separare i colori che, in certi contesti, può essere difficile da replicare con sensori Bayer tradizionali.

Resta però il fatto che, al di là degli strumenti tecnici, la chiave per raggiungere il risultato che desideri è la tua sensibilità nel post-produzione e nel controllo della luce. E questo è qualcosa che non può essere completamente standardizzato o replicato con una semplice attrezzatura, ma è il frutto del tuo occhio artistico e della tua visione.

Met

Bella serie e bel percorso montato, Enrico. Ci sono degli scatti veramente gradevoli  :si:

Non entro nell'annosa questione della fedeltà nella cattura delle immagini, perché tanto non aggiungerei niente di rilevante. Per fortuna c'è spazio per tutte le visioni e gli stili.
Non c'è niente di più misterioso di un'immagine perfettamente chiara – Diane Arbus

andrea948

Rispetto alle qualità intrinseche del sensore Foveon, sia il tradizionale 1:1:1 che il quattro, mi sono persuaso che vi siano ambiti in cui eccelle rispetto al Bayer o quantomeno sia al pari dei migliori sensori dotati del doppio o del triplo di Mpx, nello specifico, negli still-life soprattutto nelle foto di opere  d'arte in generale, nelle macro e in alcuni casi nelle foto di architettura. Poi ci sono ambiti, come quello della paesaggistica, in cui a volte è assolutamente ingestibile e più che vantaggi porta a problemi a volte insormontabili, soprattutto in condizioni di luci critiche (alba o tramonto). Ma ciò che dico è stato scritto centinaia di volte su questo Forum e sarà sicuramente lapalissiano ripeterlo, concludendo, per la paesaggistica (colore) è sicuramente un'ottima scelta a patto di utilizzarlo in situazioni non critiche, viceversa il Bayer è d'obbligo, "ça va sans dire".... ;)

P.S. quanto sopra riportato riguarda esclusivamente il colore, per quanto riguarda il B&N il discorso cambia radicalmente...
  • Andrea
     

Rik68MI

Riccardo arch. Battaglia
Dp0 quattro