Il Faggio del Piancone: altitudine 1522 m, altezza della pianta 28 m, circonferenza del tronco misurata a 130 cm da terra 9,30 m, diametro della chioma 30 m, età stimata circa 320 anni secondo alcuni, 600 secondo altri (tra cui il sito del FAI), 2h e 30' circa di cammino e 750 m di dislivello in salita per raggiungerlo dopo aver lasciato la macchina a Giabbio (Casargo), 10 kg di materiale fotografico sulle spalle. Impressionante la ramificazione delle radici che permettono alla grande pianta di aggrapparsi ad un pendio piuttosto ripido contribuendo al contempo a trattenere l'acqua e a mantenere compatto il terreno. Purtroppo la pianta è in uno stato di equilibrio delicato, rischia di cedere sotto il peso dei suoi stessi giganteschi rami, grandi come tronchi. Uno di questi si è recentemente spezzato, senza però intaccare la maestosità della pianta.
Ho fotografato in totale solitudine, circondato solo da lanute e cornute capre. Mi sembrava di essere, se non proprio Heidi, almeno Peter nell’animo o suo nonno per la vetustà delle mie membra.
Il faggio si trova in Val Piancone (da cui il nome), una collaterale della Val Marcia, a sua volta collaterale della Val Varrone.
Si cammina sulle pendici del Pizz d'Alben, girando intorno alla vetta da nord in senso antiorario.
Si parte da Giabbio, si attraversa il torrente Varrone sull'antico e bellissimo ponte Bonom, si sale all'Alpe Ariale lungo una mulattiera tracciata sul versante orientale della Val Marcia e che attraversa boschi di latifoglie e alcuni “lööch”, i gruppi di case in pietra che sorgono sugli alpeggi e che meritano una futura e apposita escursione fotografica. Poco sopra il rifugio Ariàal (molto gentili i rifugisti) inizia il tratto più impegnativo per arrivare al faggio. Continuando a camminare sulle pendici del Pizz d'Alben, si attraversa un'antica faggeta con alberi imponenti. Poi, valicato un crinale che sale alla vetta del monte, il sentiero prosegue sul versante settentrionale della Val Piancone e si fa sempre più stretto e impervio e richiede attenzione. Si attraversa infine un bosco di betulle, il sentiero, seppur minuto, si fa più tranquillo ed infine tra i rami del bosco appaiono visioni parziali dei grossi rami del faggio ed ecco che si sbuca nell'ampia e ripida area che, con le sue imponenti radici, il faggio si è creata.
Sarei rimasto lì per ore e la fotografia rischia sempre di farmi perdere il senso del tempo ma, in questo caso, i limiti di tempo me li sono imposti a causa della luce, non quella necessaria per fotografare ma per vedere dove mettere i piedi: è un territorio splendidamente solitario e recentemente il soccorso alpino è dovuto intervenire per recuperare escursionisti che si erano perduti. Io porto sempre con me una pila frontale da alpinismo in caso di oscurità ma ho preferito non rischiare. La sera sono effettivamente arrivato al buio alla mia auto ma, superato il rifugio Ariàal, non è un problema perché, volendo, anziché dal sentiero si può scendere dalla carreggiabile sterrata, lunga ma priva di pericoli.
È un'escursione che consiglio con qualche precauzione: 1) scarponi indispensabili, no scarpe da tennis. Ci sono tratti molto ripidi ed altri esposti, traversi in cui la traccia, larga una scarpa e ricoperta di erba scivolosa, attraversa pendii molto ripidi. Alcuni punti sono attrezzati con catene, non che serva l’imbragatura da ferrata ma la loro presenza rende l’idea. 2) I tempi e la luce. Si dice sempre che in montagna bisogna guardare dove si mettono i piedi, aggiungerei che bisogna anche ricordare dove si sono messi i piedi all’andata. Volendo si può optare per la soluzione di Pollicino, oppure creare una traccia gps.
Le foto sono state scattate con Sigma dp0q (foto 2, 3 e altre nella galleria completa), dp3q (8 e altre nella galleria completa), Canon Eos R5 con RF 24-105 f/4 L (tutte nella galleria completa) e TS-E 24 f/3.5 LII (1,4,5,6,7 e altre nella galleria completa)
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Sotto il link alla galleria completa. Il paese che si vede nelle prime foto è Premana, un luogo particolare in cui pressoché l'intero paese fabbrica coltelli e forbici. In bn due foto delle Stalle d'Alben, uno dei "looch" del territorio e il ponte Bonom.
https://postimg.cc/gallery/2CRJ8Cs