LA MIA PRIMISSIMA FOTOCAMERA

Aperto da Sardosono, Venerdì, 30 Maggio 2025, 20:30:26

Discussione precedente - Discussione successiva

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questa discussione.

Sardosono

Citazione di: Rino il Venerdì, 30 Maggio 2025, 11:59:31Carina. Come dicono nella descrizione in inglese, è una fotocamera per bambini di max 12 anni, adatta solo per portare a casa il ricordo degli amici al camping estivo quando fanno le facce buffe o le smorfie sotto la doccia per una cifra ridicola senza mettere a rischio la fotocamera del genitore. In quest'ottica, è assolutamente perfetta e non c'è niente da contestare, neanche il prezzo. A parte i bambini di max 12 anni, sono sicuro che molti sedicenti artisti la ameranno per esprimersi in maniera creativa come già avviene con le Holga, le Lomo e le Polaroid. Basta sapere cosa si voglia fare e non farsi lavare il cervello dagli esperti di marketing.
Leggendo le parole di Rino mi sono istantaneamente riaffiorati ricordi che risalgono alla fine dell'estate del 1966, quando non avevo ancora dieci anni e ricevetti un regalo di compleanno anticipato di ben quattro mesi, proprio perché... Beh, leggendo capirete. 👍👍👍


LA MIA PRIMISSIMA FOTOCAMERA

La mia primissima fotocamera mi fu regalata per i miei dieci anni con ben quattro mesi di anticipo (quindi assai prima che la passione per la fotografia mi prendesse), ed il motivo fu proprio e precisamente quello citato da Rino: perché chiedevo spesso e con insistenza di poter usare la Kodak Retinette di mio padre (fotocamera per quel tempo di pregio e costosa), la qual cosa (conoscendo bene la mia indole da bambino-posseduto-dalla-peste) mi veniva regolarmente negata perché ovviamente sarebbe stata estremamente rischiosa.

Quindi mi regalarono una KODAK INSTAMATIC CAMERA 100, caratterizzata dal fatto di essere la più robusta fotocamera economica sul mercato. La CAMERA 100 fu la seconda della serie e come la prima CAMERA 50 erano entrambe "made in Germany" e costruite interamente in metallo. Le successive versioni furono realizzate in plastica e dopo alcuni anni divennero anche "made in USA".



La KODAK INSTAMATIC CAMERA 100 era semplicissima:

 *  pellicola 135 in caricatore 126
 *  formato quadrato 26x26mm
 *  mirino galileiano centrale
 *  pulsante di scatto a corsa breve
 *  leva di avanzamento additiva
 *  nessun contascatti
 *  piccolo flash estraibile sulla sinistra
 *  1/90' tempo fisso
 *  1/40' tempo fisso col flash estratto
 *  ottica a fuoco fisso 43mm f/11

Con questa scatoletta metallica ho scoperto allo stesso tempo il formato quadrato ed il bianco e nero, che immediatamente mi sono sembrati entrambi esteticamente più piacevoli (per il mio gusto) delle foto rettangolari a colori che faceva mio padre. Successivamente ho anche capito che sulle prime INSTAMATIC CAMERA era comunque preferibile usare film in bianco e nero per via della risposta cromatica dell'obiettivo che non era certo eccelsa.

Contrariamente alle previsioni di tutto il parentado, quella fotocamera mi durò per quasi due anni, durante i quali imparai rapidamente alcune cose:

 *  che in casa era inutile scattare perché le foto venivano troppo buie

 *  che il flash era comunque inutile perché il risultato era esteticamente orribile (c'è poco da fare: il senso estetico sicuramente si può affinare negli anni, ma il buongiorno si vede dal mattino, ed il mio senso estetico mi ha sempre parlato chiaro e a voce alta, fin dalla più tenera età)

 *  che se volevo scattare fotografie accettabili dovevo quindi farlo durante il giorno, con piena luce

Beh, come inizio non è male.

Purtroppo uscire da solo non mi era permesso a quell'età, tuttavia le opportunità con i miei genitori erano molto scarse, perché solitamente erano sulla sera verso l'imbrunire. Le mie chance migliori consistevano, dunque, nell'accompagnare le mie zie nelle loro passeggiate pomeridiane (la mattina ero a scuola, ovviamente), anche perché preferivano uscire con la luce piena ed essere già di rientro per l'imbrunire, cosa che mi tornava "a fagiUolo"!

Cominciai quindi ad essere sempre disponibile ad uscire con le zie, e senza necessità che mi promettessero alcunché in cambio (cosa di cui inizialmente furono molto meravigliate, per non dire che rimasero letteralmente "spiazzate"). Al che scoprii e imparai alcune altre cose:

 *  scoprii che "non sta bene fotografare gli sconosciuti", almeno secondo le zie, ma pienamente supportate in questa "visione" comportamentale da tutti i loro conoscenti che incontravamo per strada

 *  però imparai anche che "non vedo perché mai non sarebbe opportuno poter fotografare gli sconosciuti per strada", come mi disse mio padre quando gli chiesi spiegazione di quanto sostenuto dalle zie, dopo di che aggiunse anche "tu fotografa chi ti pare, e se le zie hanno qualcosa in contrario, tu dì loro che ti ha autorizzato papà!"

 *  ma purtroppo scoprii anche che fotografare la gente per strada non è cosa semplice, perché quasi tutte le foto venivano irrimediabilmente mosse

 *  sperimentai anche alcuni tentativi di mosso creativo (fare di necessità una virtù ha sempre fatto parte della mia indole naturale), ma i risultati furono fallimentari ed abbandonai

 *  scoprii da solo che era assai più semplice fermare i passanti per chiedere loro di stare fermi un attimo, giusto il tempo di scattare una foto, cosa che effettivamente funzionava (a patto di affrontare ogni volta la zia che minacciava "guarda che non ti porto più, eh?!..."), anche se ne veniva fuori un altro tipo di fotografie (scoprii, cioè, sempre da solo, la differenza tra uno scatto di street e un ritratto informale, pur non avendo idea di come si chiamassero)

 *  ma soprattutto imparai che per fotografare la gente per strada non potevo essere al guinzaglio di un adulto, per cui ben presto mi stancai di dover lottare con le zie e lasciai perdere questo genere fotografico.

In pratica, pur senza averne alcuna consapevolezza, già facevano chiaramente capolino le mie preferenze verso la street e il ritratto, almeno quello informale, ma le condizioni "operative" decisamente non idonee mi convinsero a dedicarmi ad un genere più statico, ossia le barche ormeggiate nei vari porticcioli turistici della città, in particolare quello di "Marina Piccola".

Quindi, dopo il mio "periodo street" senza successo, venne il mio "periodo delle barche". Per circa un anno fotografai una caterva di barche, piccole, medie, grandi, a vela e a motore, tutte riprese rigorosamente in formato quadrato ed altrettanto rigorosamente in bianco e nero. Lo so, non è che avessi scelta, ma a me piacevano entrambe queste cose e non avevo alcun desiderio né del colore né di un formato rettangolare, quindi in pratica era "quasi" come se fosse una mia scelta.

Perché le barche?... Beh, perché papà aveva un piccolo motoscafo fuoribordo (di quelli veloci) e quando poteva andava a farne regolare manutenzione. Inoltre, essendo appassionato anche di barche a vela, andava spesso anche in altri porticcioli dove alcuni suoi amici tenevano le loro barche ormeggiate. Ovviamente mi portava ben volentieri con lui.

Anche con le barche imparai alcune cose molto importanti, tra cui:

 *  se nella foto compare soltanto la barca, l'immagine è interessante solo se la barca è bella

 *  se nella foto compare anche una persona sulla barca, l'immagine è interessante solo se è interessante la persona oppure quello che fa, mentre che la barca sia bella o brutta conta poco

 *  se nella foto compaiono due o più persone sulla barca, l'immagine è interessante solo se è interessante quello che sta facendo almeno una di loro, mentre che le singole persone siano di per sé più o meno interessanti conta molto poco

Avevo dunque scoperto, senza minimamente saperlo, anche quel sotto-genere del ritratto informale chiamato "people" (oggi sistematicamente confuso con la street che purtroppo è diventata una sorta di raccoglitore per la "fotografia indifferenziata"). E nel fare questa meravigliosa scoperta, mi resi anche conto che:

 *  che poter fotografare senza dover rendere conto a qualcuno di dove punti la fotocamera... beh, è essenziale e non ha prezzo!

Tuttavia, proprio in pieno periodo barche, in una occasione un conoscente di famiglia si offrì spontaneamente per farsi ritrarre, e io colsi al volo l'occasione: lo feci spostare per avere uno sfondo decente, lo indirizzai come postura e scattai da varie posizioni, chiedendogli persino dove rivolgere lo sguardo di volta in volta. In realtà non sapevo assolutamente cosa stessi facendo ed agivo unicamente per istinto, ma il fatto importante è che fin da allora già capivo perfettamente per solo istinto che illuminazione, punto di ripresa, scelta dello sfondo e direzione dello sguardo erano elementi essenziali in un ritratto.

Quella, dunque, fu la mia prima sessione di ritratto formale (senza sapere cosa fosse, né cosa o come fare), però non ho conservato memoria alcuna del risultato di quegli scatti; ma ricordo bene che mia zia mi chiese il permesso di dare una di quelle foto all'interessato, il che significa che almeno una di esse risultò quantomeno decente. Mia zia mi riportò poi il seguente commento riferito alle foto: "Si vede che tuo nipote pur così giovane sa già quel che fa..." ritenendo che lo avrei considerato un complimento da parte di una persona competente; ma io le risposi alla mia maniera: "Guarda che io non ne capisco niente, e quindi o sta mentendo oppure il commento dimostra che lui ne capisce ancora meno di me." Questo mio "caratterino" si è poi addolcito soltanto verso i sedici anni, ma fino ad allora mi rendo conto che non era facile confrontarsi con me senza perdere la pazienza.

E continuai con le barche-people fino a quando un bel giorno, la mia KODAK INSTAMATIC CAMERA 100 mi sfuggì dalle mani e cadde direttamente in acqua senza passare dal via. La osservai mentre scendeva nell'acqua limpida, fino ad adagiarsi sul fondo a circa due metri di profondità, senza sapere che fare. Fosse stata estate mi sarei tuffato per recuperarla, ma eravamo a fine gennaio ed ovviamente non ero in costume da bagno ma vestito di tutto punto. Rimasi lì ad osservarla, a lungo, sconsolato. Vedendomi immobile per lungo tempo sul bordo del molo sul lato opposto del porticciolo (150 metri in linea d'aria, ma ben più del doppio a piedi) e non potendomi chiamare col cellulare (neppure volendo, dato che allora i cellulari ancora non esistevano e neppure i ripetitori), mio padre mi raggiunse, mi osservò, vide dove guardavo, vide la povera fotocamera sul fondo, mi abbracciò e disse semplicemente: "Sono cose che accadono, che accadono a tutti, anche ai migliori..." e mi sentii molto meglio.

Finì così il mio "periodo delle barche", ma non solo quello: anche se da quanto ho raccontato potrebbe sembrare che io fossi già stato folgorato dalla passione per la fotografia, non era affatto così. Infatti, da qual giorno non provai più alcun interesse per la fotografia, tanto che non chiesi né cercai un'altra fotocamera, per il semplice fatto che non rientrava nei miei desideri. Dal mio punto di vista era stata una esperienza molto interessante, ma che si era conclusa. Avevo imparato molte cose, che forse mi sarebbero state utili oppure no, ma questo non era rilevante perché mi sentivo soddisfatto di averle apprese; tuttavia non sentivo alcun desiderio di proseguire l'esperienza.

Per quanto ne sapevo e pensavo allora, il mio incontro con la fotografia si chiudeva dunque lì su quel molo, nel gennaio del '69, sicuramente con soddisfazione, ma senza alcun rimpianto. Fu quindi una decisione consapevole, che andrebbe inquadrata nel particolare contesto di cambiamenti assai profondi che stavo apportando alle mie scelte di vita (che non sto certamente a raccontarvi), ma giusto per capire basta un solo esempio: già da tre anni tiravo di scherma e con ottimi risultati (in gara ovviamente solo di fioretto, per l'età), e in sala scherma stavo già iniziando a tirare di spada che era il mio sogno, con risultati ancor più promettenti; eppure decisi di lasciare la scherma (che vi assicuro mi piaceva moltissimo) per dedicarmi al basket. Ancora oggi ho estrema difficoltà non dico a spiegare ma anche solo ad intuire le ragioni di quelle mie scelte (ed anche molte di quelle degli anni successivi), ma le ho fatte, e "cosa fatta capo ha".

Tuttavia, in quei circa due anni scoprii una marea di cose, come la street, il people, il ritratto informale e persino quello formale (per incontrare il ritratto classico avrei dovuto invece attendere altri cinque anni), ma soprattutto mi erano già ben chiare le differenze tra questi generi, pur non sapendo neppure che esistessero i generi fotografici né cosa fossero. Fu dunque una esperienza che anche oggi appare estremamente proficua (e sicuramente non comune), ma comunque non fu abbastanza per far scoccare la scintilla.

Il colpo di fulmine per la fotografia mi colse successivamente, nell'estate di quello stesso anno, in un momento in cui alla fotografia non ci pensavo proprio, né punto né poco. Eppure, sono convinto che "galeotta fu la KODAK INSTAMATIC CAMERA 100", perché sono assolutamente certo che senza quella esperienza fatta in quei due anni, quel fulmine mi avrebbe completamente mancato. Ma questa è tutta un'altra storia, da raccontare eventualmente un'altra volta...  ::) 
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

CORREDO FOTOGRAFICO IN COMPLETA RIDEFINIZIONE

Met

Racconto avvincente, impreziosito da uno stile narrativo che mi ha rievocato quello di Guido Martina.
Non c'è niente di più misterioso di un'immagine perfettamente chiara – Diane Arbus

BeSigma

Beh dai, il tuo caratterino era già ben delineato... bel racconto, ti ci vedo bambino, sul molo, a guardar il misfatto...

anche Michele quando fà un guaio ha imparato ad auto consolarsi cosi dicendo... "può succedere, non fa niente papà"
come se... ridendo dei miei demoni, tenessi fra le mani gli angeli...
SD9 + SD10 + SD14 + SD1 + Dp1s + Ottiche serene variabili

http://www.flickr.com/photos/matlin78/

Sardosono

Citazione di: BeSigmaanche Michele quando fà un guaio ha imparato ad auto consolarsi cosi dicendo... "può succedere, non fa niente papà"
Temo che il tuo bambino ti darà filo da torcere per parecchi anni....  :))  Lo dico perché in effetti, quando mi parli di Michele (anche questa sera) mi sembra di sentire mia madre o mio padre quando descrivevano a qualcuno come ero da piccolo, e se il buongiorno si vede dal mattino...  :))
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

CORREDO FOTOGRAFICO IN COMPLETA RIDEFINIZIONE

Rino

Racconto letto tutto d'un fiato ed in buona parte mi ci ritrovo, ma a me, come prima fotocamera, regalarono una Comet Bencini formato 127 - decisamente mediocre - che mi ha accompagnato per tanti anni. La mia crescita fotografica avvenne quando mi appropriai della Voigtlander 6x6 di mio padre e cominciai a stampare da me il bianconero.

Gio78

Bella prosa. In attesa che la mia crescita fotografica acceleri :D, mi ricordo di quando, da bambino, mi diedero la fotocamera "di famiglia", una compatta di cui non ricordo nulla, ma che a naso doveva essere una tuttofare con un obiettivo fra il grandangolo moderato e il normale. Eravamo allo zoo di Fasano a vedere, seduti lontano, spettacoli fatti da pappagalli in bicicletta pedalare su un filo tirato fra carrucole e altre vessazioni varie. Al tempo andava bene.
Finii il rullino in un attimo, e ricordo ancora la sgridata sul pullman di rientro per avere sprecato tante pose e non si sarebbe visto nulla data la distanza, e volevo farmi microscopico mentre tutti i vicini sentivano.
Forse è per questo trauma che non mi sblocco!  :)) 

sergiozh

Hai comprato in seguito altre camere col formato quadrato ?

Sardosono

Citazione di: sergiozhHai comprato in seguito altre camere col formato quadrato ?

Sì, una YASHICA MAT 124 G reflex biottica 6x6 e una EXACTA 66 reflex mono-ottica 6x6
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

CORREDO FOTOGRAFICO IN COMPLETA RIDEFINIZIONE

agostino

Io ho avuto per anni una scatoletta Kodak di plastica in cui si poteva regolare solo il diaframma su 2 posizioni: luce piena, luce ombrata.
Poi a 20 anni Yashica Fx super 2000 e a seguire quelle scritte sotto.
  • Agostino
     
Sigma SD Quattro + 18-35 Art; Fuji XE1 + Fujinon 18-55 mm + Touit 12 mm; Contax g2 + 28+ 45 +90 mm.
(Al momento silenti: Yashica fx 3 2000 e Contax aria + contax 35mm f2,8 +contax 50 mm 1,4 + contax 80-200 f4)