Rino macchenesò, me lo hai paragonato alle acque setose, che effetto fanno? a me fanno dormire, D'Agata invece è un incubo!
Da questa tua risposta credo di aver capito le tue successive e non ci siamo capiti. Provo a scrivere la mia prima frase in maniera migliore:
Tanto di cappello all'Autore (quindi riconosco che è bravo)
ed alla ricerca anche se devo confessare che questo tipo di foto ormai mi fa lo stesso effetto che fa le acque setose ad altri (cioè sono ripetitive, venute a noia perché se ne sono viste tante, ma noia non è sinonimo di soporifere - è ovvio che le acque setose infondano serenità e rilassatezza mentre le sue danno sensazioni inquietanti - e molto ruffiane nella realizzazione che sa bene funzionerà).
Alla fine le sue immagini non riescono neanche più ad inquietarmi perché le vedo "costruite a tavolino" quanto le foto con le acque setose. I reportage di gente sporca, misera, drogata, ubriaca, sballata, dalle facce tormentate, spesso mosse ed in BN drammatico, cicche di sigarette, siringhe, preservativi, topi, avanzi di cibi e bottiglie vuote, mi hanno davvero stufato almeno quanto quelle dei poveri bambini africani o di quelli indiani con i grandi occhi sgranati che allungano le mani imploranti verso i turisti. Non c'è nessun fotografo che non le abbia scattate, spesso durante un tour organizzato. Trovo fin troppo facile e ruffiano fare un reportage ed un libro sui bambini indiani, sui tossici di Berlino, sugli abitanti di Scampia, sui senzatetto sdentati, sui barconi dei migranti, all'interno delle prigioni (ovviamente quelle brutte, sporche e degradate), etc. Mi sembra un approfittare delle situazioni di degrado umano per proprio interesse personale gestito con maestria (dalla scelta dei soggetti, delle riprese e della postproduzione), che poi le foto siano anche belle è un valore aggiunto non sempre presente.
Bada bene, non sto parlando nello specifico di D'Agata che non conosco e non mi permetterei mai di giudicare, ma solo delle sue foto e di quello che mi trasmettono.