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ASTRAZIONE FORMALE (generica)

Aperto da Sardosono, Martedì, 30 Settembre 2025, 21:26:18

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Sardosono

Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

CORREDO FOTOGRAFICO IN COMPLETA RIDEFINIZIONE

edecapitani

  • Enrico
     

Rino

La 3 è poco astratta, la considero più un affascinante e ben riuscito controluce , ma è anche quella che mi piace di più.

Sardosono

Citazione di: RinoLa 3 è (...) la considero più un affascinante e ben riuscito controluce, ma è anche quella che mi piace di più.
Ti ringrazio, e... beh, in effetti È PROPRIO UN CONTROLUCE, senza ombra di dubbio!! 😊😊😊


Citazione di: RinoLa 3 è poco astratta (...)
Ecco, questo non sei il solo a pensarlo, anzi, ti assicuro che su questo sei in numerosissima compagnia. Eppure è astratta esattamente quanto le altre, anche se non sembra, e cercherò di chiarirlo, anche se non è questo l'argomento di cui intendo parlare, ma è soltanto lo spunto di partenza.

Come dico sempre, la terminologia ha funzione solamente di orientamento, e nella pratica è poco o nulla rilevante, ma questa tua considerazione mi offre lo spunto per una divagazione che porta ad una riflessione che ritengo assai interessante.

Vediamo se ho visto giusto...


PREMESSA

A rigor di termini, "astrazione" significa banalmente "decontestualizzazione" e l'aggettivo "formale" ha significato proprio, quindi "astrazione formale" significa semplicemente "forme considerate per quello che sono nella loro estetica a prescindere dal contesto".

In altre parole, è irrilevante che il contesto sia presente o meno o che sia riconoscibile o meno: conta soltanto l'estetica delle forme, mentre tutto il resto (cioè il contesto) svolge unicamente la funzione (puramente estetica) di concorrere ad evidenziare quelle forme.

Ecco perché le tre immagini sono "astratte" in egual misura. Ed ecco perché – per esempio – quando realizzi un controluce nel quale spicca unicamente l'eleganza della forma di una silhouette, anche tu stai indiscutibilmente producendo una "astrazione formale", anche se magari non te ne rendi conto. Come mi ha detto una volta Ignazio (@BeSigma), assolutamente serio e un po' meravigliato: «Ho scoperto che facevo astrazione formale e non lo sapevo!»

Tutto questo in teoria, e dunque in teoria non c'è difficoltà alcuna nel valutare esteticamente in modo compiuto e corretto anche le "immagini diversamente fotografiche", ossia immagini dove il contesto non c'è, oppure se c'è non svolge il ruolo di contesto. Per cui, anche nella pratica non dovrebbe esserci alcun problema...


IL PROBLEMA

Nella pratica, però, un problema c'è, ed è estremamente diffuso, addirittura universale: infatti, il nostro cervello è strettamente abituato (anzi, diciamo pure "condizionato") a contestualizzare tutto ciò che vede, per cui quando non vi riesce va incontro ad una grande difficoltà a concentrarsi sul contenuto, e di conseguenza non riesce neppure a valutare realmente (ossia in modo consistente) l'estetica dell'immagine in sé stessa. Non perché non ne sia capace, quindi, ma perché pur vedendo l'immagine non riesce ad osservarla separandola da ciò che "ritiene" essere "il contesto relativo".

Questa non è una mia opinione, ovviamente, ma è uno dei risultati raggiunti congiuntamente da diversi studi e ricerche indipendenti portati avanti nel secolo scorso a partire dagli '60.

Ma la particolarità che più mi colpì dei risultati di quegli studi, fu che questo fenomeno si presenta trasversalmente per cultura ed età in tutto il mondo, ma con due sole eccezioni: è assai più forte e radicale tra pittori e fotografi (escludendo ovviamente quelli che praticano un qualche genere di astrazione), mentre per contro è praticamente assente nei bambini in età prescolare.

Quando lessi per la prima volta di questi studi (su una rivista non di fotografia né di pittura, ma di psicologia, che stava nella sala d'attesa del mio oculista di allora) ero giovanissimo, ma ero anche agli inizi della mia scoperta del "diversamente fotografico", e dunque proprio per questo mi rimase impressa. Successivamente mi imbattei in altri articoli su questo argomento, ma sempre su riviste di ricerca medica.

Per quel che vale, posso testimoniare che nel corso degli anni e dei decenni ho riscontrato tantissime conferme a quelle ricerche, sperimentandole continuamente e personalmente: tante conferme e nessuna smentita, mai.


LA RIFLESSIONE INTERESSANTE (pensierino della sera)

Se vi è sembrato che questo discorso sia di scarso o ristretto interesse in ambito fotografico, allora sappiate che invece il fenomeno è di ben più ampio respiro, ed è estremamente rilevante nella fotografia in generale (come anche in pittura), a prescindere dalla "diversità fotografica" per la quale lo abbiamo introdotto: in realtà, infatti, questo fenomeno influenza pesantemente la valutazione estetica anche e soprattutto negli ambiti più tipici, comuni e quotidiani della fotografia.

Questo perché la necessità di contestualizzare, che il nostro cervello ha acquisito in forma forte, ha SEMPRE la priorità temporale su qualsiasi valutazione estetica, la quale è SEMPRE successiva e quindi ne risulta SEMPRE pesantemente influenzata.

L'argomento è vasto e complesso e non è pensabile approfondirlo in questa sede (e neppure ne avrei voglia), ma è interessante ed utile almeno sapere che è proprio questa la causa principale del cambiamento di valutazione estetica che facciamo delle nostre (e altrui) fotografie quando le rivediamo a distanza di tempo: immagini delle quali eravamo orgogliosi, adesso ci lasciano indifferenti (o peggio), mentre talvolta rimaniamo addirittura stupiti davanti ad altre immagini che in precedenza eravamo pronti a cancellare (e fortunatamente non l'abbiamo fatto). Certo, questo mutamento della nostra valutazione estetica delle vecchie foto non capita a tutti (purtroppo), ma è tutt'altro che raro e capita a molti (ed è una fortuna). Ma come è possibile?!... Cosa è cambiato?!...

Di solito ce lo spieghiamo dicendo che la nostra sensibilità estetica si è affinata nel corso del tempo, e ciò è certamente vero, ma soltanto in parte: in questi casi, ciò che è cambiato radicalmente è il "peso" che il nostro cervello assegna alla contestualizzazione dell'immagine nel suo insieme prima di aprirsi alla valutazione estetica. E cambiando questo "peso", cambia inevitabilmente anche la valutazione estetica che segue.

Ed è curioso il fatto che non è affatto detto che questo "peso" diminuisca nel tempo, anzi, a quanto pare non è mai stata riscontrata alcuna tipicità in questo: per molti sicuramente diminuisce (e questo è un bene, per fotografi, pittori e artisti di qualsiasi genere), ma per i più rimane sostanzialmente costante (e questo non è un bene), mentre per la non trascurabile parte rimanente questo "peso" addirittura aumenta (e questo è ovviamente un gran danno).

Mi fermo qui, ho concluso, ne ho voluto fare giusto un accenno, ma se ne potrebbe parlare per mesi.

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E per concludere....

UNA CONSIDERAZIONE MARGINALE "EN PASSANT"
(una distinzione che la gran parte dei diplomati in "Belle Arti" ignora)

Il termine "astrattismo" adottato in pittura è usato in senso estensivo ma anche INTENZIONALMENTE improprio (infatti è ottenuto col suffisso "-ISMO"), in quanto non si tratta soltanto di "astrazione" (ossia di decontestualizzazione) del contenuto, ma in aggiunta il contenuto è anche del tutto non identificabile, il che va ben oltre la semplice decontestualizzazione. Ecco perché "astrazione" e "astrattismo" non devono (o non dovrebbero) mai essere confusi tra loro.
Congelare in una foto l'istante effimero ci permette di estrarlo dall'eternità, non tanto - o non soltanto - per documentarlo, quanto soprattutto per poterlo "ammirare" (anonimo sardo)

CORREDO FOTOGRAFICO IN COMPLETA RIDEFINIZIONE