Ragazzi, mi sembra di tornare ai tempi della Ilford XP400, quando in molti non ne capivano la modalità d'impiego.
Invece di ripetere quello che dice Italo, proviamo a dire le cose in un altro modo, chissà che non aiuti a chiarirle.
La quantità di luce che colpisce il sensore (mosaico o Foveon) o pellicola (negativa o diapositiva) dipende unicamente da tempo e diaframma, ed è dunque indipendente dall'indice di esposizione (ISO e correzione); questo è pacifico e siamo tutti d'accordo, giusto? Giusto! Bene, continuiamo.
Quindi, per esempio, fotografando una stessa scena (che non varia di illuminazione) impostando F/4 a 1/125, la quantità di luce che arriva sul piano pellicola è sempre la stessa, sia che al posto della pellicola ci sia un mosaico oppure un Foveon, QUALUNQUE SIA IL VALORE ISO IMPOSTATO. Dove sta dunque la differenza tra mosaico e Foveon? La differenza sta nel fatto nel mosaico quando cambio il valore ISO aumenta o diminuisce anche l'amplificazione del segnale che ESCE dal sensore, quindi anche se la quantità di luce che raggiunge il piano pellicola è sempre la stessa, l'amplificazione è diversa e pertanto altrettanto diversa sarà l'immagine che sarà registrata. Viceversa, nel Foveon NON esiste alcuna amplificazione legata all'indice di esposizione, dunque l'immagine registrata sarà sempre la stessa, che io abbia impostato 100 ISO oppure 6400. Anche su questo siamo d'accordo, giusto? Giusto!
Bene, allora, in altre parole:
A) IL MOSAICO recupera l'indice di esposizione mediante amplificazione del segnale, cosa che avviene PRIMA della trasformazione del segnale da analogico in digitale;
B) IL FOVEON recupera l'indice di esposizione facendo affidamento esclusivamente sulla propria LATITUDINE DI ESPOSIZIONE (esattamente come la Ilford XP400), alla quale latitudine aggiunge un appropriato riequilibrio della curva delle luci (ossia del gamma *), cosa che avviene DOPO la trasformazione del segnale da analogico in digitale.
In conclusione, l'impostazione degli ISO nelle fotocamere Foveon non modifica in alcun modo il contenuto fisico dell'informazione registrata nel RAW. Domanda: ma allora a che cosa serve? Risposta: assolutamente a nulla nel RAW, ma è necessario per conoscere almeno indicativamente di quanto debbano essere riequilibrate le luci in post-produzione (o meglio, per dirla correttamente, di quanto debba essere incrementato il gamma); altrimenti, aprendo una foto ripresa a 6400 ISO si partirebbe sempre con una immagine praticamente nera (stessa cosa per poter generare un JPEG che sia leggibile e non buio pesto). In pratica, anche se non conoscessimo gli ISO potremmo trattare ugualmente il RAW arrivando al risultato ottimale, ma dovremmo procedere per tentativi (o per esperienza) e questo sarebbe inutilmente seccante, ma l'informazione degli ISO consente una buona base di partenza, senza necessità di esperienza.
Insomma, per il Foveon l'indice di esposizione è soltanto un promemoria come lo era per la XP400. Infatti, se non ti eri segnato in un foglietto con quale indice avevi esposto un determinato fotogramma, diventava poi necessario procedere per tentativi di stampa, se non avevi abbastanza esperienza da riconoscerlo al volo guardando la trasparenza del negativo (per esempio, se avevi esposto per 3200 ASA il fotogramma ti veniva estremamente trasparente e se lo andavi a stampare in modo standard ottenevi una stampa quasi completamente nera, paro paro come col Foveon).
Chiarito questo, passiamo alla questione del contrasto.
... Che non e' esattamente la prassi corretta per le situazioni ad alto contrasto.
Ma e' il modo per AUMENTARE il contrasto.
Dunque cosa e' che non capisco ?...
Attenzione a non invertire la causa con l'effetto.
Ciò che nella pellicola provoca un incremento del contrasto generale (o meglio del gamma, che non è la stessa cosa, ma per il nostro discorso va bene lo stesso, non complichiamoci la vita) è soltanto il prolungamento del tempo di permanenza della pellicola nel bagno di sviluppo, NON la sottoesposizione. Però, più si allunga la permanenza nel bagno, più diventa denso il negativo, e più è denso un negativo più si impazzisce per stamparlo; ergo, per evitare che sia troppo denso occorre pensarci prima di scattare, ossia ridurre la quantità di luce che arriva sul negativo stesso, ovvero... sottoesporre. Morale, la sottoesposizione è una necessaria precauzione quando si vuole sovra-sviluppare un negativo, ma la causa dell'aumento del gamma è solo il sovra-sviluppo, NON la sottoesposizione. Questo era un convincimento molto diffuso nell'era analogica, ma non di meno del tutto errato, dovuto alla generale confusione tra il concetto di gamma e quello di contrasto generale (che perdura immortale tutt'oggi).
In realtà, qualunque variazione dell'esposizione rispetto al cosiddetto "valore ottimale" (**) produce sempre una diminuzione del contrasto, sia che si sovraesponga sia che si sottoesponga, e questo vale per il digitale come per la pellicola. Il motivo è semplice e ritengo anche evidente: qualunque scostamento dall'esposizione ottimale comporta "per definizione" una riduzione dell'informazione registrata e ogni diminuzione d'informazione comporta a sua volta un calo del contrasto generale (ma non necessariamente del gamma, che potrebbe invece aumentare, ma questa è un'altra storia).
PS
Comunque, tutta questa difficoltà per comprendere quel che spiega Italo è dovuta secondo me soltanto all'abitudine nata col digitale di ragionare in termini di "correzioni" esposimetriche, invece di valori assoluti. Io personalmente continuo a ragionare sempre in termini di Valori Luce Assoluti, ossia EV, ma NON quelli "correttivi" dell'esposizione della fotocamera, bensì quelli assoluti di esposizione (per capirci: EV1 = 1 secondo a F1.4 a 100 ISO, ecc) come escono dall'esposimetro a mano (o anche dalla fotocamera se misurate spot su un cartoncino e poi convertite a mente). In questo modo tutto appare semplice come effettivamente è e non si rischiano confusioni (a condizione che anche gli interlocutori adottino lo stesso sistema). Per esempio, se gli esempi di Alessio li traduciamo in tempo di esposizione e diaframma impostati e da lì in Valori Luce Assoluti (ossia in termini di quantità di luce che arriva sul sensore) quello che dice Italo diverrebbe di tutta evidenza, IMO....

(oh, poi magari mi sbaglio, e queste cose sembrano semplici solo al mio cervello contorto...

)
(*) a titolo di curiosità, questa operazione è equivalente al differente trattamento in stampa dei singoli fotogrammi della XP400 a seconda dell'indice di esposizione adottato.
(**) mentre non ha alcun senso parlare di "esposizione corretta", ha invece ben senso parlare di "esposizione ottimale", che è quella che in una determinata situazione di ripresa comporta la massima quantità di informazione registrata (o meglio, trasferita). Parlare di "correttezza" non ha senso, perché "corretto", "giusto", "sbagliato" ecc. sono concetti relativi all'intenzione del fotografo, che è soggettiva e potrebbe anche infischiarsene della quantità di informazione trasferita.